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Le sedie Thonet sono suscettibili di tutela? E la spazzatura?

Fabrizio Lemme

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Ideazione e realizzazione: i limiti nella tutela dei Beni culturali. Quel che deve interessare di un’opera d’arte è l’essenza formale del messaggio, non il suo contenuto

Una vicenda che mi ha impegnato professionalmente proprio in questi giorni mi induce ad approfondire la riflessione sui limiti della tutela dei Beni culturali, quando essi costituiscono l’attuazione, da altri realizzata, di un’idea creativa riferibile a un artista dell’immagine. Mi spiego.

Giacomo Balla e Fortunato Depero nell’ambito della cosiddetta «Ricostruzione futurista dell’Universo», concepirono degli oggetti di arredo nei quali la metodica costruttiva, rappresentata dall’incastro a mezzo spessore che diviene un elemento a vista, quindi strutturale e decorativo insieme, precorre la modularità dello stile Bauhaus. Tale metodica costruttiva si tradusse in manufatti, ovviamente realizzati non dagli autori dell’idea creativa ma da artigiani del legno che tale idea trasformarono in manufatto.

Ne sono quindi derivati dei multipli che ancora oggi rappresentano esemplari riproposti come realizzazione di quella idea creativa. In altri termini, gli artisti idearono una modalità di costruzione dei mobili e la tradussero in disegni; gli artigiani realizzarono, e tuttora realizzano, mobili conformi a quelle modalità di costruzione.

Ci si pone allora il problema: dove finisce l’area della tutela? Essa si estende a tutto quello che dall’idea deriva e quindi a tutti i manufatti realizzati oltre cinquant’anni orsono da operatori non più viventi (art. 10/5 Dlgs. 42/04) o incontra un limite? E, se tale limite esiste, quali sono i parametri per individuarlo?

Il problema, come si vede, non è di agevole soluzione. Un tempo, per risolverlo, era sufficiente ricorrere al pensiero di Benedetto Croce, che distingueva tra l’atto creativo, imprescindibile connotazione dell’arte e l’opera dell’artigiano, caratterizzata da manualità e ripetitività.

Oggi, il confine è assai più indeterminato, sul piano delle idee filosofiche, in quanto la cosiddetta cultura materiale non accetta più le limitazioni del pensiero crociano. Peraltro, nella materia della tutela, è ancora imprescindibile strumento normativo e parametro delle scelte di chi è preposto ad attuarla, la fondamentale circolare del 13 maggio 1974, dovuta all’influenza di un notevole storico dell’arte, Giulio Carlo Argan. In tale circolare, si parla di «particolare nobiltà della qualità artistica, normalmente indicata come pregio d’arte»: dunque, il marxista Giulio Carlo Argan fa una notevole concessione al liberale e neoidealista Benedetto Croce, quando il filosofo abruzzese distingue tra ideazione dell’artista (momento creativo) e opera dell’artigiano (momento pratico).

Dunque, sembrerebbe ancora appartenere all’attualità, quanto meno sul piano normativo, la differenza tra l’idea creativa e l’idea attuativa: la prima, di indubbia culturalità; la seconda, di culturalità dubbia o addirittura inesistente. Se questo fosse vero, sarebbero indubbiamente da considerare espressione di originalità i disegni degli artisti che, in attuazione di un’idea costruttiva assolutamente innovativa e creativa, abbiano proposto dei nuovi oggetti d’arredo. Ma questi ultimi, specie nel caso in cui siano dei multipli, fino a che punto sono autonomamente tutelabili?

La tutela, innanzitutto, ha una limitazione temporale: essa si riferisce soltanto a quanto sia stato realizzato, da autore non più vivente, oltre cinquant’anni orsono (cit. art. 10/5 Dlgs. 42/04). Pertanto, i multipli che non abbiano queste caratteristiche sono sicuramente al di fuori della tutela.

Ma prendiamo un altro esempio: quello delle sedie Thonet che, progettate oltre centocinquant’anni orsono, furono poi realizzate in innumerevoli esemplari in un grande opificio austriaco e commercializzate in tutta Europa (il loro successo fu immediato e diffuso: si trattava di legno ritorto, mentre, nella tradizione precedente, il legno non subiva torsioni). Sono quindi presenti infiniti multipli di sedie Thonet, tutti caratterizzati dalla progettazione da parte di autore non più vivente e dalla realizzazione ultracinquantennale. Ci si chiede: in queste condizioni, le sedie Thonet sono tutte suscettibili di tutela?

O si deve ritenere che la tutela riguardi solo i primi esemplari, quelli magari forgiati personalmente da Michael Thonet (1796-1871)? Oppure, quelli realizzati prima che l’artigiano ebanista si trasformasse in industriale? E in tal caso, in che modo distinguere, ai fini della tutela, i vari esemplari tra loro? 

Come si vede, il problema esiste e non è di agevole soluzione, se si accetta l’idea di cultura materiale, che finisce per includere nell’area del patrimonio storico artistico tutto ciò che è testimonianza di civiltà.

L’idea è suggestiva e può essere anche seguita in linea di principio. Ma il diritto esige soprattutto la certezza: quindi, la selettività si impone se non si voglia dilatare la tutela oltre i limiti dell’immaginabile sino ad includervi anche la spazzatura, visto che la stessa è anch’essa, anzi lo è al massimo grado, testimonianza di civiltà (si pensi quanto questo valore testimoniale sia rilevante in una società come la nostra, tormentata dal problema dei rifiuti). E allora, se una selettività è necessaria, essa non può esser ritrovata che ricorrendo all’idea crociana, che distingue tra creazione e attuazione: la prima, manifestazione dell’idea creativa, la seconda, dell’operosità pratica. In quest’ottica, tutto ciò che è multiplo indifferenziato non sarebbe suscettibile di tutela; il multiplo è tutelabile solo quando la molteplicità sia soltanto apparente, come nelle opere incise (acqueforti, acquetinte, bulino ecc.), ognuna delle quali, per effetto della stampa manuale e della inchiostrazione, assume una valenza di originalità.

Queste, almeno, sono le idee che io propongo, cercando di coniugare l’arte con il diritto: uno sforzo che mi impegna da oltre trent’anni e nel quale, più vado avanti, meno scorgo parametri di certezza. Ma, oltre duemila anni orsono, Socrate ammoniva che saggia è la persona cosciente di non sapere: e a tale consapevolezza è necessario arrivare!

Fabrizio Lemme, 05 novembre 2015 | © Riproduzione riservata

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