Mano e piede destri del Colosso di Costantino (312 d.C.) dalla Basilica Nova a Roma («Basilica di Massenzio»), Roma, Musei Capitolini e la ricostruzione del Colosso (2022) in scala 1:1 da una collaborazione tra Musei Capitolini, Fondazione Prada e Fundación Factum. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Image

Mano e piede destri del Colosso di Costantino (312 d.C.) dalla Basilica Nova a Roma («Basilica di Massenzio»), Roma, Musei Capitolini e la ricostruzione del Colosso (2022) in scala 1:1 da una collaborazione tra Musei Capitolini, Fondazione Prada e Fundación Factum. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

L’antico sopravvive alla Fondazione Prada

Il tema del «recycling» risulta particolarmente attuale e attraente anche per l’arte antica greca e romana

In pieno clima di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, il tema del «recycling» risulta particolarmente attuale e attraente, anche per l’arte antica, greca e romana. Tra la sede principale della Fondazione Prada e la Cisterna si dipanano e intrecciano le biografie di opere, accuratamente selezionate, che nel corso della loro storia hanno subito processi di alterazione e rifunzionalizzazione: queste, talora profonde, trasformazioni (ora materiali, ora geografiche, ora contestuali, ora cronologiche) hanno finito per modificare la prima vita del manufatto e il suo significato, arricchendolo di nuove, differenti sfumature semantiche.

Proprio per la sua dimensione atopica, per esprimersi con Marc Augé, o eterotopica, usando una celebre formula di Michel Foucault, anche una mostra, sia essa di arte antica, medievale, moderna o contemporanea, «ricicla» e rifunzionalizza gli oggetti in una narrazione «altra» rispetto al periodo in cui gli oggetti sono stati realizzati (cronologia), al luogo di produzione, alla committenza (agency e artista/artigiano), all’esposizione (contesto) e alla funzione.

Il tema del riuso ha ricevuto particolare attenzione da parte della scuola pisana a partire dagli anni Ottanta del Novecento, con la pubblicazione del colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo tenutosi proprio a Pisa nel 1982. A questo approccio, si aggiunge oggi il volume di Chloë N. Duckworth e Andrew Wilson, Recycling and Reuse in the Roman Economy (2021), ben presente tra le pagine di alcuni saggi e prezioso anche per l’inedita prospettiva economica.

La casistica illustrata predilige i materiali romani riutilizzati in età post antica rispetto a quelli greci: tra questi ultimi, la Stele del palestrita databile intorno al terzo quarto del V secolo a.C. e il Gruppo con il leone contro un onagro (e non cavallo), secondo l’ipotesi di Hans Rupprecht Goette, inquadrabile alla fine del IV secolo a.C., a cui si aggiungono il cosiddetto Trono di Virgilio del II secolo a.C. e i due crateri neoattici della metà del I secolo a.C.

Un approfondimento avrebbe meritato nel voluminoso catalogo quanto accaduto alle opere d’arte greca in Grecia, sia in età greca che sotto il controllo dei Romani, sia a Roma. A parte un veloce accenno al reimpiego dei rocchi del Partenone tardoarcaico nel muro settentrionale dell’Acropoli all’indomani del sacco persiano, sul cui significato etico e politico ha fatto luce l’articolo di Riccardo Di Cesare, «La storia murata. Note sul significato del riutilizzo di materiali architettonici nel muro di cinta dell’Acropoli di Atene» (2004), i casi nell’antica Grecia offrono esempi eloquenti, a partire proprio da Atene.

Solo per citarne qualcuno, un intero tempio, quello di Atena a Pallene (un demo dell’Attica), dettagliatamente studiato nell’ultimo decennio da Andrew Stewart: l’edificio sacro costruito intorno al 420 a.C. venne smontato e ricostruito in età augustea con tutto l’apparato architettonico decorativo e con l’aggiunta di altre statue nella cella nel cuore dell’Agora di Atene, dove venne intitolato ad Ares. Offerte votive e monumenti furono riutilizzati sia in età greca sia romana, come si deduce dall’aggiunta di iscrizioni e dai fori di fissaggio delle opere; alcuni giunsero a Roma come bottino di guerra, altri acquistati sul mercato antiquario.

Proprio sul reimpiego di originali greci a Roma e in altre aree della penisola ha fatto luce Restaging Greek Artworks in Roman Times (2018), che ha inserito nel dibattito anche manufatti di qualità modesta. Al fenomeno del «restaging» (o recycling) nella cultura greca e romana sarà dedicato, per la prima volta, un convegno alla Normale, «The shock of the old/new?», 16-17 gennaio 2023, coorganizzato dalla Scuola Normale Superiore e dalle Università di Copenaghen e Leida, per comprendere meglio le dinamiche, le analogie e le differenze delle pratiche di reimpiego in Grecia e a Roma nel corso dei secoli.

Particolarmente fruttuosi i saggi in catalogo che nelle nove sezioni declinano i vari significati del riuso in altre prospettive geografiche, filosofiche, culturali, dall’iconoclastia alla nascita del collezionismo, alla digitalizzazione (molto stimolante il contributo di P.R. Crowley): alcuni materiali avrebbero meritato delle riproduzioni fotografiche migliori, come le teste maschili di Palazzo Trinci; a p. 154 si segnala l’errata inversione del Grand Camée de France.

Tra i prestiti più significativi, un posto d’eccezione merita la Tazza Farnese, che ben esemplifica la biografia anche itinerante dell’oggetto; va segnalato inoltre il ricongiungimento dei 13 rilievi, originali e calchi, di Ravenna; mentre poco soddisfacente risulta il posizionamento troppo basso della Testa di cavallo «Carafa», che perde molto della sua monumentalità e dell’originaria collocazione. Di grande impatto l’accurata ricostruzione del colosso di Costantino, che rende bene l’imponenza di tali opere all’interno dello spazio ristretto della cella e che consente, a conclusione del percorso, di visualizzare temi e questioni storiografiche che hanno animato il dibattito scientifico sul reimpiego di antichità e sulla sopravvivenza dell’antico fino ai nostri giorni.

«Recycling Beauty»,
a cura di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica, Milano, Fondazione Prada, 19 novembre 2022-27 febbraio 2023; catalogo Progetto Prada Arte 2022, pp. 560 ill, € 90

Gianfranco Adornato è professore di Archeologia Classica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa

Mano e piede destri del Colosso di Costantino (312 d.C.) dalla Basilica Nova a Roma («Basilica di Massenzio»), Roma, Musei Capitolini e la ricostruzione del Colosso (2022) in scala 1:1 da una collaborazione tra Musei Capitolini, Fondazione Prada e Fundación Factum. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Una veduta della mostra «Recycling Beauty», Milano, Fondazione Prada, 2022. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Una veduta della mostra «Recycling Beauty», Milano, Fondazione Prada, 2022. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Una veduta della mostra «Recycling Beauty», Milano, Fondazione Prada, 2022. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Una veduta della mostra «Recycling Beauty», Milano, Fondazione Prada, 2022. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Una veduta della mostra «Recycling Beauty», Milano, Fondazione Prada, 2022. Foto Roberto Marossi. Cortesia della Fondazione Prada

Gianfranco Adornato, 09 gennaio 2023 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Secondo Gianfranco Adornato della Normale di Pisa tra i sessanta pezzi restituiti allo Stato italiano una buona parte sarebbe costituita da falsi riconoscibili a occhio nudo. Che fine faranno?

Secondo Gianfranco Adornato della Normale di Pisa tra i sessanta pezzi restituiti allo Stato italiano una buona parte sarebbe costituita da falsi riconoscibili a occhio nudo. Che fine faranno?

Nella mostra «Chroma: Ancient Sculpture in Color» al Metropolitan risulta poco convincente la ricostruzione dell’archeologo tedesco Brinkmann che assegna i due capolavori alla mano di Mirone e allo stesso monumento votivo

L’antico sopravvive alla Fondazione Prada | Gianfranco Adornato

L’antico sopravvive alla Fondazione Prada | Gianfranco Adornato