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Leonardo Da Vinci «La dama con l'ermellino» (1488-1490), particolare

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Leonardo Da Vinci «La dama con l'ermellino» (1488-1490), particolare

L'antichità come sorgente del futuro

Un saggio sull'arte del vedere e del sentire

Laura Ricca

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È un libro sull'arte del vedere e del sentire. L'autore, Raffaele Milani, professore di Estetica all'Università di Bologna e direttore del Laboratorio di ricerca sulle città e i paesaggi, affronta la grande questione del mondo virtuale e digitale ripercorrendo la sua storia e le principali teorie che si sono avvicendate sull'argomento, individuando le linee guida necessarie per recuperare la perduta condizione contemplativa, fonte principale dell'esperienza estetica. Con l'autore ripercorriamo tremila anni di storia dell'arte.

Sul libro sono state fatte molte considerazioni. Ne riporto alcune. Gabriele Romagnoli su Repubblica online: «La prima cosa bella di martedì 22 settembre 2020 è un movimento che non ha preso un solo voto alle elezioni, ma vince nella vita: il neo contemplativismo. È una corrente di pensiero, d'aria nuova che sa di classico. Invita a uscire dalla Rete, per entrare nel mondo».

Simone Palama sull'Avvenire (10/7/2020): «Occorre recuperare, attraverso la contemplazione, l'armonia con la realtà. Contemplazione e armonia insieme permettono di riconoscere il valore della vita come frutto della contemplazione del cielo, del sole, della luna e della realtà tutta mettendo in luce la relazione necessaria del sentire con l'ordine della natura oggi eclissata dalle realtà immersive».

Marco Filoni sul Venerdì di Repubblica (3/7/2020): «Albe di un nuovo sentire, il bellissimo libro di Raffaele Milani che, con grazia teorica e penna felice, ci trascina in un mondo di pittura, letteratura e poi cinema e paesaggio: ci obbliga cioè a confrontarci con ciò che una realtà sempre più digitalizzata ha messo all'angolo».

Federico Vercellone sulla Stampa (17/9/20): «Albe di un nuovo sentire è un antidoto contro la Babele del mondo digitale. Il tempo della Rete è un tempo di assoluta confusione. Avvolti come siamo in un sistema comunicativo insieme misterioso e performante non siamo più in grado di superare i limiti di una realtà, come quella della rete, solo secondaria. Non siamo più capaci di guardare al mondo con quella meraviglia che diede avvio all'interrogazione filosofica. È quella che suscita la contemplazione la quale costituisce una scoperta dell'oggetto contemplato. Si affaccia su questa via un nuovo imperativo, quello di imparare a smagliare la rete per vedere davvero».

Pier Luigi Panza sul Corriere della Sera (2/8/2020): «La Rete ha simulato di portare immagini a tutti. E adesso? Fa i conti con tutto questo un libro del filosofo dell'Università di Bologna Raffaele Milani, Albe di un nuovo sentire, che, a quarant'anni appunto dalla Condizione postmoderna,intravede e sprona a una Condizione neocontemplativa (sottotitolo del libro), come via di uscita a una contemporaneità dal senso polverizzato. Milani costruisce, anzitutto, una genealogia di riferimento per l'instaurarsi di questa nuova condizione. La morte di Virgilio di Hermann Broch, le Memorie di Adriano della Yourcenar e Cassandra di Christa Wolf sono i tre capisaldi letterari per ripensare il mito nella contemporaneità… Milani delinea poi, nella storia delle arti, un tableau dei nuovi comportamenti «contemplativi».

L'opera prende ispirazione dalle teorie di Serge Latouche, da Lo and Behold di Werner Herzog (2016), da The Circle di James Ponsoldt (2017), si pone sotto il segno di Polimnia che non ama dire il proprio nome e che, raccolta nelle sue vesti, così si pronuncia : «Taccio, mi esprimo soltanto con il palmo della mano che incanta il cuore: con il gesto parla il mio eloquente silenzio». Polimnia esprime la tonalità della mania filosofica, emana una luce solitaria e malinconica, ispira la mente degli artisti e dei poeti per infiammarli con immagini sapienti. Polimnia, musa della danza e del canto sacro, sa, vede tutto in un solo sguardo. Il sogno vede l’armonia e l’armonia il sogno. Il principio che li contiene entrambi è proprio l’arte della contemplazione, la capacità suprema di passare il visibile per raggiungere le immagini consce e inconsce della rappresentazione.

La condizione (mentale) della contemplazione è il perdurare di uno stato di meraviglia rintracciabile all'origine della nostra civiltà del vedere e del sentire, sostiene Raffaele Milani. Una visionarietà comunque ben estesa, dagli affreschi di Cnosso all'antico Egitto, dalle immagini della natura della Villa di Livia ai ritratti di Leonardo e Raffaello, dallo sguardo di Van Gogh a Rousseau il doganiere fino a quello di Bill Viola e Wim Wenders. Contemplare è dunque un vivere tra le arti della rappresentazione, un dono della mente, un'esperienza dello straordinario nell'ordinario, come insegnano Giorgio Colli e Karl Jaspers.

Lo sviluppo odierno della realtà simulata ha reso sterile la nostra facoltà immaginativa e ha determinato «l'agonia del contemplare». Abbiamo perso le immagini prodotte dal sogno, la storia stessa del significato del contemplare, dell'imitare, del rappresentare, dai Greci fino al Novecento. Una lunga storia che la simulazione tecnica e la realtà artificiale hanno mostruosamente alterato adottando delle maschere di realtà al posto delle verità del sentire e del vivere. Nella seconda metà del Novecento queste tecniche hanno preso il sopravvento.

Questo è il punto. Lo spirito del contemplare vive dove nascono le parole, nella magia dell'incanto del mondo. Aspetti del post-moderno e dell'esito ultimo del modernismo hanno tradito questa lontana memoria collettiva, l'hanno sostituita con surrogati mescolandosi alle nuove tecniche. Questo fatto ha spinto la coscienza stessa ad allontanarsi dalla natura delle cose e delle persone e a diventare estranea a un processo naturale del meravigliarsi che dava forme vive al mondo.

Nella nozione di mimesi c'è un'ambiguità latente che la banalità della rete ha fatto scoppiare. I media infatti hanno messo la mimesi sotto un unico arco: l'inganno. Non è più dunque un gioco del percepire e del conoscere, come è avvenuto nel corso dei tempi, ma una strategia del dominare. Si vuole la morte del sogno, vale a dire la morte del simbolico. Soprattutto in Occidente, le arti visive del Novecento, un'epoca d'instabilità e incertezze, si sono distinte per l'uso della provocazione e dello shock visivo, tuttavia esiste anche una linea parallela che ha saputo salvaguardare uno sguardo equilibrato sulla realtà che ci circonda, quell'attitudine contemplativa che vive alla base di un'autentica esperienza estetica.

L'antichità come sorgente del futuro è il messaggio che questa lettura ci consegna. Il classico è tornato più volte nella storia dell'arte, "tutto è revisione di visioni". Come si può ritrovare la progettualità dell'antico? E in quali forme e visioni si può incarnare ancora?

Opere come gli affreschi nel palazzo di Cnosso datati al XVI sec. a. C. o quelli romani della Villa di Livia, artisti come Corot o Henri Rousseau, sono testimonianze, attraverso millenni diversi, di quanto sia irrinunciabile la dimensione del naturale. Perché sia ancora possibile riafferrare quel vincolo originario, carico di miti e simboli, nell'arte del terzo millennio.

Albe di un nuovo sentire. La condizione neocontemplativa
di Raffaele Milani, Il Mulino, Bologna 2020, euro 17
 

Leonardo Da Vinci «La dama con l'ermellino» (1488-1490), particolare

Laura Ricca, 18 aprile 2021 | © Riproduzione riservata

L'antichità come sorgente del futuro | Laura Ricca

L'antichità come sorgente del futuro | Laura Ricca