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Alessandro Martini, Julia Halperin
Leggi i suoi articoliÈ crisi nel turismo europeo. Solo l’inizio? Calano il Louvre e il Beaubourg, crolla la National Gallery di Londra (e i Vaticani si avvicinano al podio). In Italia domina Firenze, Torino cresce ancora e l’effetto Expo si sente poco
Il 2015 è stato «l’anno d’oro dei musei italiani» (parole del ministro Franceschini): i 42,9 milioni di visitatori nei circa 400 musei e siti archeologici statali hanno segnato un aumento di 2,2 milioni (+6%) rispetto al 2014 in cui erano stati 40,7 milioni (e 38,4 milioni nel 2013, secondo i dati del Mibact). A ciò è corrisposto un incasso complessivo di circa 155 milioni di euro (135 milioni nel 2014, 126 nel 2013). Tutto bene, quindi. Almeno in Italia, in cui i musei sono stati protagonisti della scena anche grazie all’attenzione mediatica sui nuovi 20 «supermusei» dotati di autonomia.
I risultati non sono altrettanto rosei nel resto del mondo, soprattutto in quei Paesi vittime dell’instabilità politica recente (il Medio Oriente è ormai off limits per il turismo internazionale, con grosse difficoltà anche in Turchia e Israele) o variamente coinvolti nella «grande paura» legata al terrorismo. In Francia, ad esempio, dopo anni di crescita costante il 2015 ha segnato una battuta d’arresto per la gran parte dei musei, con un calo secco del 5% a Parigi. Dopo gli attacchi dello scorso novembre tutti i musei della capitale sono stati letteralmente disertati, fino al clamoroso crollo del 50% degli ingressi a Natale nel Centre Pompidou. Va un po’ meglio al di là della Manica, dove almeno nell’anno fiscale 2014-15 (aprile ’14-aprile ’15), i musei statali britannici sono cresciuti del 3% con 50,6 milioni di visitatori (tra i quali i turisti stranieri sono per la prima volta arrivati al 47% del totale). In Spagna i più importanti musei d’arte hanno chiuso l’anno con un leggero aumento di visitatori con l’eccezione del Reina Sofía di Madrid, cresciuto addirittura del 20% rispetto al 2014, il miglior dato della sua storia, e ormai il più visitato del Paese.
Il calo generalizzato a livello internazionale è confermato dai dati 2015 della nona edizione della classifica condotta in esclusiva da «Il Giornale dell’Arte» e dalla testata sorella «The Art Newspaper». I primi 100 musei nel mondo (tra cui 8 italiani: è record) hanno richiamato poco più di 174 milioni di visitatori, 8 milioni in meno del 2014. Il Louvre, da anni dominatore incontrastato della classifica, fa segnare da solo 660mila ingressi in meno. La National Gallery di Londra invece cala dell’8,6% ed esce dal podio a favore del Metropolitan di New York.
In controtendenza, come detto, crescono i musei in Italia: i primi 100 totalizzano complessivamente quasi 26,5 milioni (3 milioni in più dello scorso anno), mentre la top 10 da sola vale ben 10 milioni di ingressi (nel 2014 erano poco meno di 9,1).
Il successo è di chi si amplia
I musei che hanno intrapreso progetti di ampliamenti architettonici negli ultimi anni (e in particolare tra il 2007 e il 2014, secondo la nostra indagine di quasi 500 istituzioni di tutto il mondo) hanno visto crescere il proprio pubblico in modo significativamente più rapido rispetto agli altri. Proprio mentre la Tate Modern di Londra e il Museum of Modern Art di San Francisco si preparano a mostrare nuovi spazi da centinaia di milioni di dollari, questi risultati confermano ciò che in molti sapevano da tempo: se investi sulla crescita e sulle nuove architetture (possibilmente spettacolari), il pubblico accorre. L’affluenza annuale dei musei che hanno realizzato un ampliamento è cresciuta del 14,1%, in media, rispetto al 10,2% dei musei che non l’hanno fatto. Quando Michael Govan divenne direttore del Los Angeles County Museum of Art (Lacma) nel 2006, «durante il weekend si poteva giocare indisturbati a bowling nelle sale, ci ha raccontato. L’architettura rappresentava un vero ostacolo alla frequentazione». Ma dopo l’aggiunta degli edifici disegnati da Renzo Piano nel 2008 e nel 2010, gli ingressi al museo sono aumentati dell’81%, dai 667mila visitatori del 2007 a 1,2 milioni nel 2014 (calati del 9% nel 2015, a 1.041.395). Il Perez Art Museum di Miami ha assistito alla più straordinaria crescita di pubblico rispetto a qualsiasi altro museo da noi esaminato, grazie alla nuova sede affacciata sul mare da 131 milioni di dollari, che su progetto di Herzog & de Meuron ne ha quasi triplicato la superficie. I visitatori sono schizzati del 462%, dai 55mila del 2007 ai 315mila del 2014, il primo anno del suo nuovo sensazionale edificio.
Quando si affievolisce l’effetto della novità, però, in molti musei il pubblico tende a calare, anche se la grande maggioranza migliora stabilmente la propria capacità attrattiva rispetto al periodo precedente all’espansione. Il Palais de Tokyo di Parigi (al n. 72 nella classifica 2015) continua ad aumentare i suoi visitatori dalla riapertura nel 2012, quando era quasi triplicato in dimensioni. Nel 2015, non soltanto ha accolto 821mila persone (341% in più rispetto a prima dell’espansione), ma ha anche ospitato un numero di mostre cinque volte più alto.
L’affluenza è uno dei parametri (soltanto quantitativi) utili a giudicare l’accresciuto appeal di un museo. Mentre il Lacma già progetta un’ulteriore espansione da 600 milioni di dollari (con la firma dell’archistar Peter Zumthor), Govan ha elaborato una sua formula: per ogni cento milioni di dollari spesi per ampliarsi, un museo dovrebbe attrarre almeno 100-120mila visitatori in più. Molti direttori di musei internazionali sostengono che l’aumento di pubblico è la conseguenza dell’ampliamento, e non la sua ragione iniziale. Si costruiscono (o almeno così dovrebbe essere) nuove strutture per ospitare collezioni in crescita, per attrarre nuove donazioni e per essere sempre «in sintonia» con il cambiamento del ruolo dei musei nella società. Questo accade in particolare nei musei statunitensi, ma è un modello sempre più diffuso: in Europa e non soltanto (si pensi al boom cinese, ad esempio, sostenuto spesso da collezionisti e imprese private). Negli Usa, dopo che molte scuole pubbliche hanno iniziato a tagliare l’educazione artistica i musei hanno incrementato le attività didattiche e gli spazi dedicati. «Una volta i musei venivano costruiti attorno alla collezione; oggi, abbiamo capito di avere bisogno anche di ingressi più accoglienti, biglietterie più ampie, servizi igienici migliori», dice Charles Saumarez Smith, alla guida della Royal Academy of Arts di Londra (al n. 53), che sta progettando un’espansione da 50 milioni di sterline la cui apertura è prevista nel 2018.
Il successo di pubblico comporta nuove sfide per i musei, a partire dai costi operativi che aumentano. Ma anche l’architettura si interroga su come soddisfare le esigenze di un pubblico sempre crescente e contemporaneamente realizzare spazi utili alla contemplazione delle collezioni. In questi tempi di crescita vorticosa dei musei, il cui successo comporta sempre nuove aspirazioni e richieste da parte dei committenti, in una spirale difficilmente arginabile, «come architetti siamo chiamati a tutelare e valorizzare il rapporto intimo tra il visitatore e l’opera d’arte», dice Renzo Piano.
Boom tra Expo ed Egitto
Un museo che non ha costruito nuovi ingressi per agevolare i flussi o nuovi padiglioni per le mostre temporanee è la Galleria dell’Accademia di Firenze. Eppure nel 2015 ha scalato la classifica italiana, passando dal terzo al secondo posto con 80mila visitatori in più (e al 37 nel mondo, +9). Primi assoluti rimangono gli Uffizi (al n. 25 nel mondo): la crescita rispetto al 2014 (+35mila) è destinata ad aumentare l’anno prossimo, quando comparirà in classifica nella nuova organizzazione prevista dalla riforma Franceschini. Le neonate «Gallerie (al plurale) degli Uffizi» accorpano anche i musei di Palazzo Pitti (nel 2015 suddivise in due circuiti, rispettivamente al n. 5 e 18). Un gran balzo lo fa a Milano il Triennale Design Museum (n. 7 dal 57) nel Palazzo dell’Arte, tra i luoghi centrali dei programmi culturali milanesi nei mesi dell’Expo. Come da previsioni, si rivela un grande successo a Torino la riapertura del Museo delle Antichità Egizie (8), tornato prepotentemente in top ten (+33%) e seguito da Museo del Cinema (9) e Venaria Reale (10), gli altri due poli d’eccellenza di una città che si conferma e consolida come meta di turismo culturale con 4 milioni di ingressi nei suoi musei: il miglior risultato di sempre.
Sul fronte della grandi residenza, la borbonica Reggia di Caserta, spesso al centro di polemiche e oggi nelle mani del manager «stakanovista» Mauro Felicori, conquista la 13ma piazza e un incoraggiante +16%. A Milano, l’«effetto Expo» sembra sentirsi soltanto alla Triennale e al Museo del Duomo (n. 33 da 62): subiscono un’ulteriore e inattesa flessione i Musei del Castello Sforzesco (-45mila visitatori, n. 16 da 12), nonostante l’apertura a maggio del nuovo museo della Pietà Rondanini, mentre rimangono sostanzialmente stabili la Pinacoteca di Brera (26) e il Museo del Novecento (38). Poco sembra muoversi proprio sul fronte dei musei d’arte moderna e contemporanea: i soggetti in classifica sono poco meno di venti, ma tutti stabili o in leggera discesa (dalla Guggenheim di Venezia al MaXXI di Roma, rispettivamente al n. 19 e 24). Uno solo è in crescita: la Gam di Torino (21, +111mila ingressi) che anche quest’anno sfrutta appieno lo slancio dato dai grandi nomi delle sue mostre temporanee, da Lichtenstein a Modigliani fino al campione d’incassi Monet. Calano ancora il Castello di Rivoli (che da inizio 2016 condivide con la Gam la direzione di Carolyn Christov-Bakargiev), il Mart di Rovereto e la Gnam di Roma, mentre crolla il Macro (-92mila visitatori e -25 posizioni). Rientrano tra i cento la Pinacoteca Agnelli di Torino e il Madre di Napoli, poco sopra i 50mila ingressi.
Salvo eccezioni, continuano a soffrire molti musei «minori» (non il Ma*Ga di Gallarate, che fa il boom con lo spazio mostre all’aeroporto di Malpensa: esperimento già compiuto sia dal Museo del Novecento di Milano proprio a Malpensa, sia all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi con l’Espacée Musées, inaugurato nel 2013) e le «eccellenze» del Sud: a parte Caserta (che ha 500mila visitatori scarsi a fronte di un obiettivo dichiarato di un milione), il primo museo in classifica sotto Roma è anche nel 2015 l’Archeologico di Reggio Calabria (n. 48, in calo di 9 posizioni: ma è destinato a salire dopo riapertura completa delle sale del prossimo 30 aprile). Guadagnano qualche posizione i musei napoletani, come Sant’Elmo, Capodimonte e San Martino, mentre le Gallerie d’Italia di Palazzo Zevallos Stigliano salgono di ben 20 posti. Scende invece di 15 l’Archeologico di Cagliari. Per trovare altri musei del Sud bisogna arrivare in coda alla classifica.
Come dimostravano i dati degli ultimi anni, stare insieme fa bene e l’aggregazione dà i suoi frutti. I risultati del 2015 confermano la salute di tutte le reti museali locali che hanno fatto sistema, organizzandosi in istituzioni e fondazioni. Tra tutti spiccano le cifre dell’ente comunale Musei Civici Fiorentini (2.177.683 visitatori in nove siti rispetto a 1.363.614 nel 2014) e della Fondazione Torino Musei (789.680 rispetto a 571.120 per quattro musei); in lievissimo calo gli 11 spazi raccolti nella Fondazione Musei Civici di Venezia (poco meno di 2,1 milioni complessivi). Sono infine 783.565 i biglietti staccati dall’Azienda Musei provinciali di Bolzano (Archeologico, Scienze Naturali, Provinciale del turismo, Museum Ladin, Storico culturale della provincia di Bolzano, degli Usi e costumi, del Vino, della caccia e della pesca, delle Miniere) che, non fornendo dati scorporati, non compare in classifica.