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Francesca Romana Morelli
Leggi i suoi articoliIn un celebre quadro del Doganiere Rousseau, una zingara dorme tranquilla al chiaro della luna, mentre un leone è accanto a lei. La scena assume una connotazione onirica per l’imprevisto accoppiamento, una sensazione accresciuta dall’atmosfera sospesa.
In un’epoca in cui la scienza ma anche i mass media sottraggono spazio alla nostra capacità di immaginazione, una mostra, «Sogni d’oro», aperta da AlbumArte fino al 22 luglio e organizzata in partnership con l’Institut Français di Roma, si focalizza sulla libertà del pensiero nel suo peregrinare durante l’attività onirica.
La curatrice francese Ariane C-Y ha invitato i francesi Guillaume Castel, Raphaël Thierry e Samuel Yal, lo spagnolo Ivan Cantos e l’inglese William Wright a trasformare lo spazio della galleria in un luogo in cui poter esplorare la dimensione onirica. Per esempio Samuel Yal ha realizzato un grande installazione, «Dissolution» (2011), in cui numerosi volti di porcellana bianca sono uniti tra loro da fili che scendono dal soffitto, in modo da comunicare un senso di potenziale instabilità.
Un carboncino su carta di Raphaël Thierry, «Fin du Monde» (2013), inquadra la parte posteriore di un nudo femminile, lasciando affiorare un eros sottile e oscuro (in qualche modo sembra rammentare l’opera fotografica di Man Ray «Monument à Sade»). Infine un ritratto in terracotta dei migranti di oggi, modellato da Ivan Cantos, appare come bloccato in un lungo sogno di attesa, solenne come un epitaffio.
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