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La facilità di rubare un menhir

Massimiliano Cesari

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Il 2015 non si è chiuso bene per la provincia di Lecce, registrando diversi furti di menhir, i monoliti preistorici verticali che con i dolmen (sviluppati  orizzontalmente), caratterizzano il paesaggio del Salento. Un patrimonio difficile da tutelare, spesso collocato in aree private e nascoste, che già in passato ha subito un notevole depauperamento.

Il primo a essere espiantato dal terreno è stato il menhir di Surbo, vicino alla chiesetta medievale della Madonna d’Aurio (XIII secolo). Subito dopo è toccato al menhir «Anfiano», dal nome della località compresa tra Cannole e Giurdignano: un’area nota come il «giardino megalitico d’Italia» per la forte concentrazione di tali monumenti preistorici (ben 25), e che rende simile questa zona del Salento estremo ai siti megalitici più noti di Carnac in Bretagna (Francia).

L’ultimo furto risale al 28 novembre scorso: si tratta del monolite denominato Sombrino (nella foto), dal nome della località di Supersano (Lecce), all’interno del Parco Agricolo dei Paduli, rinvenuto e censito da Oreste Caroppo nel 1993: un menhir alto circa un metro, profondamente confitto nel terreno, con alcune croci incise su una delle facce.

I furti sono stati segnalati alla Soprintendenza ai beni architettonici di Lecce e ai Carabinieri delle varie località che, oltre a rintracciare i colpevoli, dovranno anche capire se si tratta di furti su commissione o legati al fenomeno sempre più preoccupante dell’archeomafia e del mercato nero dei reperti archeologici.

Massimiliano Cesari, 01 febbraio 2016 | © Riproduzione riservata

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