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La Santa Alleanza per l’arte

Vincent Noce

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Una più stretta collaborazione tra le autorità europee, che possono offrire un rifugio ai patrimoni culturali in pericolo, l’identificazione dei Paesi dove i saccheggiatori possono smerciare liberamente i loro bottini e il rafforzamento delle leggi contro il commercio illegale sono tra le 50 misure «concrete e operative» presentate dal presidente francese François Hollande per la salvaguardia del patrimonio culturale iracheno e siriano. Molte di queste indicazioni sono già state avanzate dall’Unesco nel corso di numerosi incontri internazionali. La leadership francese farà la differenza?

Puntando il dito contro i porti franchi culturali «che esistono persino in Europa», Hollande ha annunciato che la Francia inizierà un controllo sull’importazione di antichità e allestirà dei «luoghi sicuri» per ospitare le collezioni di musei e gli oggetti recuperati. Un progetto analogo è in discussione negli Usa.

La proposta è contenuta in un rapporto preparato dal direttore del Louvre Jean-Luc Martinez, e presentato da Hollande alla Conferenza Generale dell’Unesco del 17 novembre. Parlando ad appena quattro giorni dagli attacchi terroristici che hanno colpito Parigi, Hollande ha sottolineato che «la forte ondata emotiva suscitata dalla distruzione in atto in Medio Oriente» potrebbe portare a una risposta congiunta contro il commercio illegale. Il documento è stato consegnato a tutti i ministri della Cultura europei a Bruxelles. Tra le raccomandazioni, una diffusione più capillare della lista rossa dell’International Council of Museums tra le forze dell’ordine e la «documentazione e catalogazione dei siti». Ma la Commissione europea ha sottolineato che poche confische sono state registrate sul continente e il Lussemburgo, che presiedeva la riunione, ha prestato molta cura a non citare il caso dei «porti franchi».

Discussioni per stilare un insieme congiunto di proposte sono già iniziate tra i Dipartimenti di antichità orientali del Louvre e del Pergamonmuseum di Berlino. Il Louvre ha inoltre in progetto il coordinamento del suo programma di formazione per gli archeologi e i professionisti iracheni con il British Museum di Londra.

Martinez crede che questo rapporto offra le basi per un piano di intervento globale mirato alla tutela del patrimonio culturale nelle zone di guerra. La Francia, che «indubbiamente ha una responsabilità speciale su questi temi», secondo Matinez è pronta a prendere il comando. Ma ha chiesto anche al proprio Paese di rispettare i trattati internazionali, come la Convenzione dell’Aia per la protezione del patrimonio culturale in caso di conflitto armato e la Convenzione Unesco del 1970 assicurandosi che vengano trasformate in leggi nazionali.

Appello per firmare la Convenzione dell’Aia

In particolare, Martinez insiste per la ratifica del Secondo Protocollo che rinforza la Convenzione dell’Aia, entrato in vigore nel 2004 ma che la Francia, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno rifiutato di sottoscrivere. Questi Paesi non hanno riconosciuto nemmeno la Convenzione Unidroit del 1998, che stabilisce misure di tutela del patrimonio culturale per il mercato dell’arte e i collezionisti privati. Un’altra proposta è quella di istituire un fondo per la salvaguardia e la ricostruzione del patrimonio, anche se questo tipo di fondo esiste già ed è gestito dall’Unesco. L’idea di Martinez potrebbe incontrare diverse resistenze, considerata la riluttanza di molti Paesi a implementare i trattati già esistenti. Il suo rapporto sottolinea il fatto che il traffico di beni culturali in Siria e Iraq arricchisce l’Isis, che ha creato una struttura amministrativa per controllare e sfruttare questa risorsa. L’entità del ricavo economico non è però determinabile.

Le proposte di Martinez che potrebbero davvero fare la differenza sono anche le più difficili da attuare, come la pubblicazione di una «lista nera» di porti franchi del commercio illegale. Martinez denuncia il ruolo in questo senso di Ginevra, Lussemburgo e Singapore, oltre ad alcune località cinesi. Chiede l’istituzione di un osservatorio europeo per identificare le vie e i metodi usati dai trafficanti, tracciare il mercato dell’arte e creare un database di oggetti rubati o confiscati. Chiede inoltre l’armonizzazione delle leggi europee e pene più severe per i trafficanti.

Vincent Noce, 08 gennaio 2016 | © Riproduzione riservata

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