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La «santa guerra» dei musei russi

Sophia Kishkovsky

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Le celebrazioni in maggio del 70mo anniversario del trionfo sovietico sulla Germania nazista hanno confermato come la vittoria sia stata elevata al rango di evento sacro sia dal Cremlino sia dalla Chiesa ortodossa, come confermato anche dalle parole dell’arciprete Aleksandr Ilyashenko, in una recente intervista rilasciata al sito internet ortodosso Pravmir. Ilyashenko ha dichiarato che Hitler «era il nemico del Cristianesimo» e il suo desiderio di distruggere la religione cristiana è provato dai furti dei nazisti orchestrati da Martin Bormann, segretario personale del Führer, nei musei sovietici «antireligiosi».

I musei dell’«ateismo scientifico» saccheggiati dai nazisti sono un tema controverso in Russia. Creati durante i regimi di Lenin e Stalin per celebrare il rifiuto della religione e della fede in Dio, presentata come arretrata e crudele, erano spesso collocati in ex chiese ed esponevano reliquie e tesori religiosi confiscati. Eppure oggi molti credenti russi ortodossi ricordano anche che Stalin, dopo aver quasi distrutto la Chiesa, la legalizzò sotto uno stretto controllo statale, nell’ambito del suo sforzo di riunire i russi contro i nazisti.

Espulso

Il più grande di questi musei, conosciuto come il Museo della storia della religione e dell’ateismo, si trovava a Leningrado, nella Cattedrale di Kazan, costruita dallo zar Alessandro I lungo la prospettiva Nevskij, l’allora via principale della capitale della Russia imperiale, e conclusa alla vigilia della guerra del 1812. Dopo il conflitto divenne un reliquiario religioso e militare della vittoria russa su Napoleone. Negli anni Novanta del Novecento, dopo la caduta del comunismo, Leningrado è tornata a essere San Pietroburgo e il museo è stato trasformato nell’angusto Museo della storia della religione. Le funzioni religiose hanno ripreso a essere officiate nella cattedrale, che ospita anche mostre e viene considerata monumento al valore militare, insieme a molte altre chiese in tutta la Russia che sono state restaurate come monumenti culturali e storici.

Sempre a maggio, il patriarca Cirillo I, capo della Chiesa ortodossa russa, ha consacrato una chiesa ricostruita dopo la distruzione nel 1961 durante la campagna antireligiosa di Nikita Kruscev. Cirillo I ha descritto la ricostruzione della casa-chiesa del reggimento Preobrazenskij (picchetto d’onore delle forze armate russe, un tempo guardia del corpo personale di Caterina la Grande e recentemente ricostituito) come «un evento di grande portata storica, per via degli importanti simboli che vi sono riuniti». Cirillo I ha collegato il monumento «alla vittoria del nostro popolo nella grande guerra patriottica» contro Hitler, aggiungendo che la chiesa è stata restaurata «per la gloria dei guerrieri russi, per la gloria dei nostri padri fondatori».

Ortodossia e scandalo

A quasi 25 anni dal crollo dell’ex Unione Sovietica, la Chiesa ortodossa è ancora invischiata in un rapporto complesso con i musei e più in generale  con la cultura postsovietica. La Chiesa ha svolto un ruolo centrale e simbolico negli eventi che hanno scosso la Russia a partire dal 2012, non solo la persecuzione delle Pussy Riot per la loro femminista «preghiera punk» contro Putin e Cirillo I (all’interno della Cattedrale di Cristo Salvatore, demolita dal regime nel 1931 e ricostruita nel 1990-2000, Ndr), ma anche per l’annessione della Crimea e la guerra nell’Ucraina dell’Est. E continua a trovarsi coinvolta nello scandalo che riguarda l’arte, l’episodio più recente a marzo, quando la Diocesi di Novosibirsk ha condotto una campagna per perseguire i creatori di una moderna interpretazione del «Tannhäuser» di Wagner e della sua locandina in cui campeggiava un crocifisso tra le gambe di una donna nuda. Il ministro federale della Cultura Vladimir Medinskij ha licenziato Boris Mezdrich, direttore del Teatro dell’Opera e del Balletto della città. 

Il tema divide gli intellettuali: alcuni ritengono la posizione della Chiesa troppo estremista; altri, al contrario, vorrebbero un ulteriore giro di vite sulla libertà artistica. Andrei Kuraev, diacono della Chiesa, ha difeso le Pussy Riot e criticato sia Cirillo I sia Putin affermando che entrambi sono da biasimare e che anche se molti funzionari ecclesiastici non sono d’accordo con l’idea di perseguire gli artisti, «la reazione della Chiesa è parte del problema, un problema che non è stato creato dalla Chiesa».

Altri funzionari religiosi sostengono che la religione sta subendo l’attacco di un mondo secolare immorale. «La Chiesa e il sacro sono stati attaccati, noi non abbiamo fatto nulla. Stiamo semplicemente cercando di difenderci, o quanto meno di difendere il nostro Signore», ha dichiarato l’arciprete Leonid Kalinin, membro del Concilio patriarcale per la cultura. In una dichiarazione ufficiale il Concilio ha affermato che anche se i burocrati non dovrebbero interferire con il processo creativo, gli artisti sono tenuti a osservare alcune regole e i fondi statali non dovrebbero essere investiti in produzioni offensive, come la rappresentazione del «Tannhäuser» di Timofei Kuliabin. «Su questo argomento i musulmani mi hanno riferito che avrebbero fatto a Kuliabin quello che è stato fatto in Francia ai redattori di “Charlie Hebdo”, ci ha detto Kalinin. Per fortuna quella ortodossa è una religione molto gentile». 

Nel 2014 Kalinin, che ha una formazione da scultore, è stato nominato custode del patrimonio ecclesiastico antico della Diocesi di Mosca. Un incarico simile è stato creato in altre Diocesi centrali dove sono presenti chiese, monasteri e icone antichi. «All’inizio degli anni Novanta ci sono stati conflitti con la comunità dei musei, ha ricordato alla nostra edizione internazionale “The Art Newspaper”. Molti dipendenti dei musei erano comunisti e contro la Chiesa ma ora, con il tempo, questa divisione è meno evidente. La comunità dei musei mostra maggior comprensione verso la Chiesa e il significato dei siti sacri, e lo stesso si può dire  della Chiesa nei confronti della politica dei musei». Ma se i musei continuano a essere «cacciati» dagli edifici ecclesiastici che occupavano dall’era sovietica per far posto a nuove chiese, i conflitti non si placano, A maggio a Rjazan, città a cira 200 km a sud-est di Mosca, gli attivisti hanno protestato contro la cessione alla Chiesa dell’intero Cremlino (il palazzo centrale fortificato), compreso il museo Rjazan Kremlin.

Tra i manifestanti c’era anche Irina Kusova, vicedirettrice del museo, che vari anni fa era stata retrocessa di grado per aver protestato pubblicamente contro questa decisione. Il direttore del museo fu sostituito nel 2008 con un altro favorevole all’operazione. In una mail a «The Art Newspaper», Kusova l’ha definita parte di un accordo tra il Governo e la Chiesa ortodossa. «Le autorità hanno bisogno dell’appoggio della Chiesa per sopravvivere e proprio con questo obiettivo nel 2011 è stata approvata una legge sulle restituzioni alla Chiesa», ha dichiarato Kusova.

No all’Islam e ad Halloween

A Perm, vicino agli Urali, la Galleria d’Arte statale ha aspettato per anni una nuova collocazione, sentendosi sempre più «a disagio» nella Cattedrale, sua sede da decenni, ora reclamata dalla Chiesa. Nel 2014, la Diocesi locale si è opposta a un’esposizione di arte calligrafica islamica che vi si sarebbe dovuta svolgere e, a novembre 2013, ha vietato un evento in tarda serata nella galleria perché avrebbe ricordato troppo Halloween.

Mentre Leonid Kalinin accompagnava giornalisti di «The Art Newspaper» alla chiesa di San Clemente a Mosca e mostrava loro il ritrovato splendore delle vicine rovine, dichiarava: «La Chiesa ortodossa russa ha sofferto per colpa dello Stato più di qualsiasi altra Chiesa al mondo». Lo Stato sta compensando «almeno una piccola parte di queste terribili perdite». Eppure, non tutti considerano il comunismo una forza interamente distruttiva.

A giugno, il discusso arciprete Vsevolod Chaplin ha difeso lo stalinismo definendolo un «modello “ortodosso”» di governo con una sola pecca: l’ateismo. Sempre a giugno, il vescovo Augustin di Gorodets e Vetluga, nella regione storica di Niznij Novgorod, ha definito Stalin «una figura unica» che ha costruito lo Stato sovietico su principi biblici. Il vescovo Augustin è membro dello Izborsk Club, un’organizzazione di personaggi pubblici fondamentalisti, che ha diffuso in Russia una potente icona: la Madonna con Stalin e i generali dell’Armata rossa. 

Sophia Kishkovsky, 20 luglio 2015 | © Riproduzione riservata

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