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Ilaria Speri
Leggi i suoi articoliIl termine «Erratics» identifica, in geologia, le rocce trasportate a fondo valle da un ghiacciaio. Al suo ritirarsi, rubate alla loro posizione originale, esse assumono una nuova, casuale composizione.
Questa premessa dà origine a «The Erratics», titolo della prima mostra personale in Italia dell’inglese Darren Harvey Regan, classe 1976, alla Galleria Passaggi di Pisa fino al 27 giugno. Due distinte serie di fotografie inedite, «The Erratics (exposure)» e «The Erratics (wrest)», compongono l’esposizione.
Se, da un lato, è in Egitto che Regan si reca per documentare le conformazioni rocciose del deserto, erose dalla sabbia e dal vento, al contrario è all’interno del suo studio che prendono forma le sculture in gesso, fotografate in un secondo momento. Nel primo caso, Regan ricerca il contatto con la realtà, nel secondo se ne allontana.
Questo conflitto tra astrazione ed empatia che caratterizza la presenza di ogni essere umano nel mondo, oggetto dell’omonimo saggio di Wilhelm Worringer del 1908, è il motore dell’operato dell’artista. I soggetti raffigurati trovano così il proprio equilibrio nell’oggetto fotografico, che li priva della loro fisicità enfatizzandone le qualità materiche, le linee, il modo in cui reagiscono alla luce.

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