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L’Italia era il Bel Paese

Giovanni Pellinghelli del Monticello

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Ravenna. Dal 22 febbraio al 14 giugno il Mar-Museo d’Arte della Città di Ravenna dedica all’arte italiana del secondo Ottocento la mostra «Il Bel Paese. L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai macchiaioli ai futuristi», a cura di Claudio Spadoni. La mostra (che, come tiene a sottolineare il curatore, «non nasce dal filone delle celebrazioni di quella immane tragedia che fu la Grande Guerra») si inserisce a completare à rebours la mostra dedicata nel 2011 all’arte italiana del secondo Novecento e offre la rappresentazione del «paesaggio italiano» come poliedrico paradigma in immagini della società e della cultura italiane dall’Unità al primo conflitto mondiale, vera fine del XIX secolo. Focus della mostra è la realtà geografico-storica italiana che nasce da intrecci e sedimentazioni antropologiche, sociali e culturali di cui anche la natura è espressione diretta e rimane di fatto inalterata fino al passaggio dall’economia rurale all’industrializzazione. Seguendo questo fil rouge, la mostra presenta documentazioni pittoriche del paesaggio italiano accanto a scene quotidiane a rispecchiare le diverse condizioni socioantropologiche in quell’epoca di trasformazione. Opere di autori italiani, ovviamente, ma pure di artisti stranieri venuti nel nostro Paese sulle tracce di una fascinazione secolare, affiancando così interpretazioni diverse: a carattere marcatamente regionalistico le une, di linguaggio e respiro europeo le altre. Nell’arco temporale fra i macchiaioli e i futuristi, articolata non per periodi cronologici bensì per sezioni tematiche così da meglio sottolineare le varie componenti della ricerca integrata fra pittura e antropologia socioculturale, la mostra presenta opere di Induno, Fattori, Lega, Guaccimanni, dedicate all’epopea risorgimentale, e poi di Fontanesi, Caffi, Costa, Bianchi, Palizzi, Previati e Segantini: vette alpine, vedute lacustri, paesaggi marini e scorci delle città meta degli epigoni fin-de-siècle del Grand Tour (Venezia, Firenze, Roma e Napoli). Il «Bel Paese» è descritto anche nei suoi costumi tradizionali dalle opere di Michetti, Signorini, Morbelli, e nelle rappresentazioni di una quotidianità ancora rurale ma in lenta migrazione verso l’industrializzazione da Cannicci, Cammarano e Boccioni. A queste si raffronta la caratterizzazione di ceti sociali diversi e altre condizioni di vita offerta, tra gli altri, da Cremona, De Nittis, Boldini e Zandomeneghi. Il côté ottocentesco è arricchito dalla sezione dedicata alla fotografia, dagli esordi all’affermazione di testimonianza socioculturale interclassista. Concludono la mostra le opere del primo e secondo decennio del ’900: le premesse divisioniste di evidente influenza europea e l’avvento del Futurismo con opere di Boccioni, Balla, Depero, Carrà e Russolo, espressione di quella tensione distruttiva di ogni residuo della cultura e sensibilità ottocentesche, prima che la Grande Guerra, vero spartiacque tra i due secoli, travolga quelle stesse avveniristiche utopie.



Giovanni Pellinghelli del Monticello, 17 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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