Nel febbraio del 1917 Picasso giunge per la prima volta in Italia in compagnia di Jean Cocteau per lavorare alle scene e ai costumi del balletto «Parade». Soggiorna a Roma e a Napoli, visitando Pompei e il Museo Nazionale di Napoli. Si deve a questa visione ravvicinata con l’antichità la successiva svolta naturalistica dell’artista, il cosiddetto «secondo periodo classico», di cui la mostra «Picasso e l’antico» vuole rintracciare gli antefatti culturali che l’hanno resa possibile.
L’esposizione, che inaugura il 5 aprile al Mann (fino al 2 ottobre), è curata da Clemente Marconi, promossa dal Mann con il sostegno della Regione Campania, organizzata da Electa e si inserisce nell’ambito delle manifestazioni per il cinquantenario della morte dell’artista e testimonia la straordinarietà dell’incontro tra Picasso e il Museo Nazionale di Napoli, mettendo in luce anche la modernità nelle soluzioni allestitive adottate dal museo, che solo con il trasferimento della pinacoteca Farnese a Capodimonte (1957) acquisirà la sua specificità identitaria di museo archeologico.
Il determinate confronto di Picasso con le sculture Farnese e i dipinti di Pompei viene restituito attraverso 43 opere, tra cui alcuni prestigiosi prestiti concessi dal Musée National Picasso-Paris, da Gagosian New York e dal British Museum di Londra, dal quale provengono 37 tavole delle 100 che compongono la celebre «Suite Vollard» (1930-37).
«Siamo di fronte al più raffinato dialogo mai composto fra i disegni e le opere del Maestro e le statue e gli affreschi delle collezioni Farnese e pompeiane. Nessun museo al mondo poteva costruire una simmetria del genere. L’esposizione ribadisce l’assoluta continuità del pensiero artistico fatto di lasciti e rielaborazioni innovative», dichiara il direttore del Mann Paolo Giulierini.
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