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Francesco M. Benedettucci
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La firma dell’accordo di pace tra Israele e Hamas, sottoscritto a Sharm el Sheik il 14 ottobre, ha messo fine, almeno temporaneamente, ai combattimenti nella Striscia di Gaza e alle sofferenze della popolazione, e permette ora di iniziare a verificare le condizioni del patrimonio culturale di questo territorio, stretto tra Mar Mediterraneo, Egitto e Israele. Tale particolare posizione geografica ha fatto di Gaza una città di primaria importanza sin da epoche remote: qui infatti passava una fondamentale rotta stradale (in epoca classica chiamata Via Maris) che metteva in comunicazione il Delta del Nilo con la regione siro-palestinese, correndo parallela alla costa orientale del Mediterraneo, lungo la quale erano stati trasportati in Egitto i cedri del Libano, con il cui legname, nella IV dinastia, furono realizzate le navi funerarie rinvenute ai piedi della piramide di Cheope (2551-2528 a.C.), così come il preziosissimo lapislazzuli che, negli ultimi secoli del III millennio a.C., giungeva dal remoto Badakshan, regione dell’Afghanistan. Il controllo militare di questa rotta, quindi, consentiva alle grandi potenze regionali dell’epoca di accrescere il proprio prestigio.
Ne sono testimonianza siti archeologici come Tell al-Ajjul, dell’Età del Bronzo (III-II millennio a.C.), scavato negli anni Trenta del XX secolo da Sir William Flinders-Petrie, uno dei padri dell’archeologia egiziana e vicino orientale. Straordinariamente importante è poi Deir el-Balah, uno dei maggiori siti archeologici legati alla civiltà dei Filistei: scavato negli anni Settanta da una missione israeliana, dopo l’occupazione della Striscia seguita alla Guerra dei Sei Giorni del 1967, la missione della Hebrew University di Gerusalemme ha portato alla luce notevoli sarcofagi antropoidi cilindrici, originali rielaborazioni locali del modello di sarcofago egiziano a cassa. Tell el-Ajjul e Deir el-Balah fanno parte di quel gruppo di siti archeologici della Striscia di Gaza che hanno subito gravissimi danni a seguito delle distruzioni causate dall’invasione di Israele seguita all’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023.
La ricchezza archeologica e culturale di Gaza, le cui vestigia più antiche sono seppellite sotto gli insediamenti più tardi, è rivelata da diverse chiese di epoca bizantina, alcune delle quali rinvenute poco prima dello scoppio della guerra e adornate da splendidi mosaici pavimentali, che dimostrano la presenza di scuole di artisti locali.
Molti altri sono i beni culturali presenti nella città e nei dintorni, ma, allo stato attuale, ben poco si conosce del loro destino, essendo le notizie frammentarie e difficili da verificare. Documenti ufficiali dell’Onu e testimonianze di giornalisti e volontari locali non lasciano ben sperare: sin dai primi giorni dell’invasione, sono stati intenzionalmente colpiti importanti monumenti, come la Chiesa ortodossa di San Porfirio, considerata la terza più antica del mondo, nella quale hanno trovato la morte una ventina di persone che qui si erano rifugiate. Notevoli edifici di epoca islamica, come l’antica Moschea di al-Omari, costruita nel VII secolo, e il Qasr al-Basha (Castello del Pascià), eretto in età mamelucca (1260-1515), sono stati distrutti o pesantemente danneggiati. Tra i musei, la raccolta archeologica del Museo al-Mat’haf, di proprietà privata, è stata saccheggiata dopo la distruzione dell’elegante palazzo di epoca ottomana che la ospitava. Inoltre, ha suscitato scalpore il bombardamento dell’edificio (nel quale, secondo le forze armate israeliane, si sarebbero potuti nascondere dei cecchini) che ospitava i magazzini del materiale archeologico scavato in anni recenti dall’École Biblique di Gerusalemme, il cui personale è riuscito, in poche ore, a mettere in salvo gran parte dei reperti.
Francesco M. Benedettucci, archeologo, ha scavato a lungo in Giordania e Vicino Oriente
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