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Il magnate dell’Impressionismo russo

Il magnate dell’Impressionismo russo

Emmanuel Grynszpan

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Aperto un imponente museo dall’immobiliarista Boris Mints. Presenta la sua collezione privata e racconta un movimento poco conosciuto in Europa

 

Vi dicono qualcosa i nomi di Korovin, Kustodiev, Serov, Youon, Pimenov, Polenov? Gli sforzi di un ricco mecenate potrebbero contribuire a rivalutare questi protagonisti della pittura russa relegati in un angolo buio della storia mondiale dell’arte. L’Impressionismo russo non ha goduto di molte opportunità. La sua fioritura è giunta con un buon decennio di ritardo rispetto alla scuola francese ed è stata rapidamente eclissata dal successo dell’Avanguardia russa dei Malevic, Filonov, Kandinskij e compagni. Quando negli anni Trenta è calata la scure ideologica, l’estetica impressionista, non conforme ai canoni del Realismo socialista, è finita nel dimenticatoio. Ancora oggi, numerosi storici dell’arte formatisi in epoca sovietica ne contestano persino l’esistenza. 

 

Era necessario almeno un Museo dell’Impressionismo per riabilitare questa corrente. È il delicato obiettivo perseguito dal 2012 dal miliardario Boris Mints, magnate moscovita dell’immobiliare. Mints ha sborsato il corrispettivo di quasi 18 milioni di euro per ricostruire un’antica fabbrica di latte in polvere situata alla periferia di un vasto centro d’affari chiamato la «Bolscevica». Il museo, inaugurato il 26 maggio, si presenta come un peculiare edificio cilindrico rivestito di maglie metalliche e sormontato da un cappello quadrangolare. Un design concepito dallo studio di architettura britannico John McAslan+Partners, con l’aiuto dell’agenzia di ingegneria culturale francese Lordculture. All’interno, mille metri quadrati espositivi su tre livelli, un cinema, un’area multimediale e un caffè. 

 

Nell’ampio atrio d’ingresso, una videoinstallazione di Jean-Christophe Couet intitolata «Tele che respirano» illustra l’atto di dipingere per strati successivi. Nell’interrato, lo spazio espositivo principale è dedicato alla collezione permanente, mentre i due piani superiori ospitano le mostre temporanee.

 

 

 

Dall’Impressionismo al contemporaneo 

«Il vagabondo incantato», la prima mostra temporanea del museo, è dedicata ad Arnold Lakhovsky (1880-1937). Questo pittore di origine ebraica nato a Chernobyl fa piuttosto parte della corrente dei tardi «Ambulanti» (o Itineranti, in russo Peredvizniki). Il museo non intende limitarsi a un solo movimento né a un solo Paese, ci racconta la sua giovanissima direttrice, Iulia Petrova, storica dell’arte originaria di San Pietroburgo e consulente di Mints dal 2010. La collezione personale del miliardario comprende anche opere contemporanee. La prossima mostra sarà dedicata a Valery Koshlyakov (1962), uno dei più celebrati pittori russi del momento. La Petrova si propone di realizzare tre-quattro mostre all’anno, corredate da didascalie, testi e cataloghi redatti con cura in russo e in inglese. Anche l’illuminazione, curata e precisa, non disturba mai la contemplazione delle tele. 

 

Boris Mints ha spiegato di avere dato avvio alla sua collezione agli inizi degli anni 2000, quando è, secondo la sua espressione, «tornato libero»: quando cioè ha lasciato gli incarichi pubblici e la politica. Le acquisizioni avvengono tuttora principalmente in asta o da collezionisti privati. Oggi, la collezione del museo conta 250 opere, di cui 80-100 saranno visibili nell’interrato, dedicato all’esposizione permanente. Mints valuta la sua collezione in «svariati milioni di dollari». È per lui un punto d’orgoglio il fatto di non speculare: «In tutta la vita, non ho mai venduto una sola tela, e non ne ho l’intenzione». Conta, al contrario, di proseguire i suoi acquisti, al ritmo di 7-10 opere all’anno. Iulia Petrova ammette da parte sua che l’Impressionismo russo non può essere considerato una scuola propriamente detta. «È un periodo nel percorso di numerosi grandi pittori russi. Nessuno dei quali è rimasto impressionista dall’inizio alla fine della sua carriera». Cita tre artisti le cui opere sono vendute non di rado oltre il milione di dollari: Valentin Serov, Boris Kustodiev e Piotr Konchalovskij. «L’Impressionismo russo è fortemente sottostimato in confronto a quello francese, ma anche in confronto all’Avanguardia russa», ci dice la Petrova. Lei si augura d’altronde che proprio questo museo provochi l’irritazione di certi colleghi francesi... «Nell’insieme, il nostro progetto ha suscitato interesse, ma anche punte di gelosia da parte di persone irritate dal fatto che possa esistere un Impressionismo diverso da quello francese», riferisce divertita. La scarsa attenzione riservata all’Impressionismo russo ha naturalmente facilitato il compito di Mints nell’assemblare la sua collezione. Oggi, le principali collezioni di questa corrente si trovano al Museo Russo di San Pietroburgo e alla Galleria Tretjakov di Mosca. Se l’impresa di Mints non farà decollare il valore di questi artisti, potrà almeno vantarsi di aver prodotto uno dei più bei musei privati di Mosca.

 

Emmanuel Grynszpan, 02 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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