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Valérie Belin, «Still life with mask»

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Valérie Belin, «Still life with mask»

Il disordine di Valérie Belin

La fotografa francese ha vinto l'edizione 2015 del Prix Pictet con una serie che rivisita la Vanitas

Chiara Coronelli

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Parigi. Come Kofi Annan ha annunciato pochi giorni fa, durante la cerimonia al Musée d’Art Moderne de la Ville di Parigi, è la francese Valérie Belin la vincitrice del Prix Pictet 2015, con la sua serie «Still life, 2014». Istituito nel 2008 dal Gruppo Pictet, che mette in palio 100mila euro e l’incarico di un viaggio in una regione dove finanzia un progetto sostenibile, il premio si propone di «utilizzare la forza della fotografia per comunicare messaggi di importanza cruciale», individuando lavori realizzati intorno alla questione della sostenibilità, e che abbiano come oggetto le sfide sociali e ambientali alle quali il mondo contemporaneo è chiamato a rispondere.

Dopo «Acqua», «Terra», «Crescita», «Potere» e «Consumo», questa sesta edizione si sviluppa intorno al tema del «Disordine», anche titolo della collettiva che espone fino al 13 dicembre, sempre al Musée de la Ville, le opere dei dodici finalisti selezionati dalla giuria di quest’anno (presieduta da sir David King, consulente speciale del Ministero britannico per i cambiamenti climatici) tra i quali si trovano anche Pieter Hugo, Sophie Ristelhueber e Yang Yongliang.

Nella sua serie Valérie Belin rivisita il genere pittorico della Vanitas attraverso tableaux, a colori e in bianco e nero, composti da oggetti in plastica, residui di un consumismo che accumula merce che è già scarto alla nascita: piatti, bambole, teste di manichini, animali, maschere, fiori finti, guanti, scarpe, tutti prodotti di bassa qualità, destinati al mercato di massa e a diventare subito scorie, eppure beffardamente eterni in quanto non biodegradabili. Il memento mori non è dato da un teschio ma da un universo di plastica che «suggerisce la presenza di una persona soffocata o sepolta sotto l’ammasso di rifiuti». La scelta di premiare questo «Still life, 2014» indica anche la volontà di apertura verso una fotografia orientata a una più decisa connotazione artistica, in favore di una tensione simbolica che sa esprimere in pieno l’urgenza politica sottostante.

Valérie Belin, «Pearls»

Valérie Belin, «Still life with mask»

Chiara Coronelli, 18 novembre 2015 | © Riproduzione riservata

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Il disordine di Valérie Belin | Chiara Coronelli

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