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Arianna Antoniutti
Leggi i suoi articoli«Un’iniziativa lodevole e opportuna», così Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, ha chiosato il convegno, svoltosi ieri presso il Ministero della Cultura, sulla circolazione delle opere d’arte. Nella Sala Spadolini al Collegio Romano, si sono ritrovati operatori del settore ed esperti, per una ricognizione delle criticità del sistema.
Un’intera giornata di confronto e discussione, che ha visto impegnati avvocati, antiquari, collezionisti, storici dell’arte, direttori di musei. Numerose e diverse professionalità, a illustrare come il tema sia particolarmente urgente e sentito. Tra i relatori, italiani e stranieri, moderati dal professor Fabio Canessa, erano, fra gli altri: Stefania Bisaglia, Dirigente del Ministero della Cultura, esperta in circolazione delle opere d’arte; Caterina Bon Valsassina, storica dell’arte; Giuseppe Calabi, avvocato esperto in diritto dell’arte; Francesca Cappelletti, direttrice Galleria Borghese; Claudio Consolo, professore di Diritto processuale civile alla Sapienza; Alessandra Di Castro, antiquario; Gloria Gatti, avvocato esperta del patrimonio culturale; Peter Glidewell, esperto d’arte; Daniela Melchiorre, magistrato; Philippe Plantade, giurista francese; Francesco Salamone, avvocato specializzato nel diritto delle opere d'arte e docente universitario; Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze; Salvatore Settis, archeologo e storico dell'arte; Matteo Smolizza, direttore casa d’aste; Anna Somers Cocks, storica dell'arte ed editrice; Antonio Tarasco, Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Cultura; Pietro Valsecchi, collezionista e produttore cinematografico.
«Non si può più vendere un quadro del ’62, più giovane di me? Anche grazie ai mercanti abbiamo in Italia una quantità straordinaria di collezionisti d’arte antica e moderna. Se sono d’arte moderna vengono premiati, mentre quelli d’arte antica sono trattati come tombaroli. Mi chiedo: è opportuno notificare opere che abbiano meno di 100 anni?» da interrogativi come questi, lanciati da Vittorio Sgarbi, è partita la discussione.
«La circolazione delle opere d’arte, ha detto Salvatore Settis, è un tema importantissimo, ma su di esso è impossibile trovare un accordo che rappresenti un equilibrio perfetto. Si avrà sempre un compromesso fra concezione della proprietà privata e concezione della proprietà pubblica. Ci sono linee che arretrano e linee che avanzano. Non dobbiamo dimenticare che l’Italia è il paese in cui è nata l’ida della tutela del patrimonio culturale. Il modello italiano è stato sempre tenuto presente in tutto il mondo».
Per Peter Glidewell, definito l’anima del convegno, «quanto detto da Settis è assolutamente corretto, ma non dobbiamo dimenticare che, ciò che è avvenuto in passato, in termini di tutela, è accaduto in contesti totalmente diversi rispetto all’attualità. Richiamarsi alla tradizione a volte può essere pericoloso». «La mia è una posizione curiosa, ha aggiunto, sono stato e sono collezionista, sono ancora mercante, ho lavorato per il Ministero, per varie Fondazioni, e il fatto che abbia operato in altre Paesi, mi consente di fare un confronto di mentalità, perchè alla base c’è sempre, nelle leggi, lo spirito di un Paese. In Italia, l’aspetto più drammatico della questione è la condizione di paura nella quale vive il collezionista, il mercante, o anche chi si trova a ereditare un oggetto antico. Questa paura è assurda. Il mercato, al contrario, è spesso un veicolo positivo. È la cattiva tutela ad essere, sempre, un fatto negativo. Perché i Carabinieri non tutelano paesaggio e architettura? È un problema di mentalità che, in Italia e in alcuni funzionari, è ancora terribilmente arcaica e primitiva. È necessario comprendere che il mondo dell’arte può solo migliorare attraverso la libera circolazione delle opere. Il nostro Paese non potrebbe che ricavarne un’immagine positiva e gli studi potrebbero avanzare più rapidamente e meglio di quanto non facciano in questo momento».
Dal punto di vista normativo, dal convegno sono emerse le prime, concrete proposte, illustrate dall’avvocato Francesco Salamone. I punti salienti sono sei:
1) limitare i casi di annullamento dell’«Attestato di libera circolazione» oltre il termine dei 12 mesi alle sole ipotesi in cui vi sia stato un accertamento giudiziale di merito da parte di un giudice penale in ordine ad una consapevole mendace o falsa rappresentazione;
2) gli «Uffici esportazione» debbono rigorosamente attenersi al fatto che il Codice impone il vincolo/diniego all’esportazione solo in presenza di un documentato e riscontrato interesse culturale particolarmente importante/eccezionale, ponendo così fine all’attuale «inflazione» del vincolo, che viene imposto oggi anche per beni privi di un comprovato interesse culturale;
3) certezza dei tempi in tema di rilascio dei titoli per l’esportazione, anche al fine di rendere più competitivo l’operatore italiano rispetto a quello straniero;
4) istituire e rendere fruibile al pubblico il database dei beni notificati, per garantire una diffusa conoscenza del nostro patrimonio culturale;
5) al fine di agevolare l’ingresso di opere d’arte di cui sia accertata la legittima provenienza estera, estendere le ipotesi di rilascio di Cas/Cai (la certificazione di spedizione e importazione) anche alle opere tra 50 e 70 anni di provenienza estera;
6) evitare casi di «notifiche» in corso di mostra, allo scopo di ricreare un patto di fiducia fra Amministrazione e collezionista;
Ora si dovrà passare alla fase operativa, mettendo a confronto i diversi operatori del settore con i dirigenti del Ministero.
«Sono proposte di buon senso», ha commentato Sgarbi in chiusura di convegno, «da queste modifiche ne trarrà giovamento il mercato dell’arte in Italia, oggi costretto a operare in altri Paesi europei, con grave danno per la nostra economia e una forte perdita di posti di lavoro qualificati».
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