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Giovanni Gaggia
Leggi i suoi articoliCom'è il cielo in Palestina? è un progetto che iniziai a fine 2023, pochi mesi dopo il brutale attentato ai danni della popolazione israeliana. In quel momento stavo lavorando alla mostra L'oro Blu, nell'ambito di Pesaro 2024 – Capitale Italiana della Cultura. All’interno dello spazio in cui operavamo, il Museo dei Bronzi Dorati della città di Pergola, il curatore Leonardo Regano notò una cornice vuota di recente restauro e pensò di affidarmi la creazione del contenuto da associare ad essa. Risalendo alla sua storia, scoprii che la cornice era da sempre collocata nella piccola chiesa del cimitero locale. Al suo interno campeggia una tela dedicata a Santa Maria Assunta, protagonista del dipinto, affiancata da due figure chiave, una delle quali è San Paolo. Così, mi immaginai un’azione di evangelizzazione al contrario, inviando alla popolazione di Gaza una domanda, ricamata nel frattempo in arabo dalle donne della mia comunità su una coperta che mi avevano donato: Com'è il cielo in Palestina?
Ricevetti delle risposte. Pensavo che, se fossero arrivate, avrei realizzato un secondo arazzo che, accostato al primo, avrebbe formato un dittico, così da concludere l’opera. Una parte della storia è andata proprio così. La prima risposta giunse il 4 marzo 2024; un dialogo tra un padre e un figlio che viveva a Rafah:
“Ogni volta che sento mio padre, mi racconta come è il cielo in Palestina ed io rispondo sempre chiedendogli: Come potete continuare ad andare avanti con tutta quella miseria?. Lui chiude così: Noi siamo malati di speranza, della quale non moriremo mai.”
Questo testo è stato effettivamente ricamato su una seconda coperta, ora ospitata a Cremona, negli spazi di It’s Hard Noise, in una sorta di doppia personale insieme al collettivo di videoartisti e animatori Palestina Animada.
Da lì, nello spazio affacciato sulla stazione degli autobus di Cremona — luogo abitato per buona parte dagli ultimi della società — il viaggio è ripartito. La domanda è stata reinviata ai membri del collettivo e sono arrivate nuove risposte che, in questo momento, vengono ricamate da uomini e donne di diverse città italiane. Molte troveranno una casa simbolica a Milano, l’ottobre prossimo, in concomitanza con l’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La partecipazione è altissima: ricevo lettere scritte a mano, imbustate insieme a piccoli ricami che andranno a comporre un’installazione lunga 18 metri.
Mi raccontano il senso di impotenza e che il cielo è lo stesso: il nostro come quello di Gaza. Dopo questa tappa, altre luci si accenderanno: altre comunità potranno adottare le risposte, ricamarle ed esporle in luoghi altamente simbolici, anche senza la mia presenza diretta. In questo processo è stato naturale confluire, eticamente e filosoficamente, nel Global Movement to Gaza. Dialogando con Maria Elena Delia, responsabile del movimento per l’Italia, è emersa la flebile presenza delle arti visive rispetto ad altri linguaggi artistici — dalla musica al cinema, fino al teatro. Abbiamo così pensato che fosse altamente simbolico portare questo ricamo realmente corale e collettivo a Catania, nei giorni dell’imbarco (ora riprogrammati) della flottiglia carica di cibo e aiuti umanitari diretti a Gaza.
Il progetto è stato abbracciato da molte realtà: la Caritas Diocesana di Catania, che ha recuperato le coperte rispettando le mie linee cromatiche; Fermento Urbano, che ha messo a disposizione la sua rete; Economia Circolare (ODV) e Ballon Project, che è diventato media partner sul territorio. Dopo il corteo, che si apriva con lo striscione con la scritta “No al genocidio, fermiamo Israele”, in sostegno alla Global Sumud Flotilla, ci siamo messi in cerchio — dieci sedute — e abbiamo ricamato su tre coperte: la domanda su un tessuto bianco e su altre due coperte le frasi: “Il cielo della Palestina è uno specchio di speranza nonostante le nuvole” e una citazione del poeta Marwan Makhoul:
“Per poter scrivere una poesia che non sia politica, devo ascoltare gli uccelli.
E per poter ascoltare gli uccelli, l’aereo deve tacere.”
C'è ancora un'umanità piena di energia: è quella a darmi lo stimolo per continuare il mio viaggio di uomo e di artista, un cammino che non è silente, che si espone e che ha il coraggio di dire: “Io non ci sto.”
Nonostante tutto, prevale un senso di speranza. Innumerevoli sono stati i ringraziamenti ricevuti per il mio modo di testimoniare l'oggi. Attraverso questa forma di espressione cerco di far emergere il mio pensiero e, allo stesso tempo, compio anche un gesto di gratitudine verso chi, con coraggio, in questi giorni si sta imbarcando per Gaza.
Buon vento alla Global Sumud Flottilla

Come è il cielo in Palestina_ Un ricamo collettivo, Ctania 3 settembre 2025 pg Michele Dello Spedale Venti

Giovanni Gaggia, Come è il cielo il Palestina 2025

Giovanni Gaggia, Come è il cielo in Palestina_, 2024, ricamo su coperta, 150 x 250 cm, ph Natascia Giuivi e Michele Alberto Sereni