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Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliLa situazione è da tempo critica. Lo confermano i dati italiani della nostra Classifica mondiale dei visitatori nei musei 2014, pubblicata lo scorso mese: nonostante il «boom» del Muse-Museo delle Scienze di Trento (con il traino dell’edificio spettacolare di Renzo Piano, che ha portato il museo all’ottavo posto nazionale), i musei scientifici soffrono. Già nell’ottobre 2014 il convegno organizzato a Roma dall’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL e dall’Associazione Nazionale Musei Scientifici (Anms), dal titolo «La gestione delle collezioni naturalistiche italiane», aveva acceso l’attenzione sulla situazione critica delle collezioni dei musei scientifici, custodi di preziosi cimeli che rievocano grandi scoperte e formulazioni di importanti teorie, ma in primo luogo veri e propri archivi della biodiversità con grandi potenzialità di indagine inespresse. Il patrimonio naturalistico museale è sempre di più privo dei fondi necessari per svolgere attività di ricerca, pura e applicata, e di personale e mezzi per la sua conservazione e gestione. A seguito del convegno, la riviste internazionali «Nature» e «Zookeys» si sono occupate del tema; infine, si è giunti all’appello ai ministri dell’Istruzione Stefania Giannini e dei Beni culturali Dario Franceschini, promosso da una trentina di scienziati italiani, affinché «il patrimonio dei musei di storia naturale e il loro operato nella ricerca diventino priorità del governo», reso noto dal quotidiano «La Stampa».
Di fatto i musei scientifici sono al centro di un dedalo normativo, che vede il patrimonio (che supera i 20 milioni di reperti, assai eterogenei, dagli animali impagliati, agli erbari, ai minerali, ai fossili ecc.) «affidato alle competenze di due Ministeri, Mibact e Miur, e scientificamente pertinente all’operato del Ministero dell’Ambiente», come ci spiega Fausto Barbagli, zoologo, curatore al Museo della Specola di Firenze e presidente dell’Anms. «I tre Ministeri non hanno però tra loro convenzioni mirate», conferma. Anche il quadro degli enti proprietari è assai complesso, diviso tra università ed enti locali, con questi ultimi che «non accordano strumenti tali da permettere ai musei di operare in modo diverso da un ufficio anagrafe o protocollo o ragioneria». Questa dissipazione di competenze si traduce in una scarsa efficacia dell’attività di tutela e valorizzazione e ciò appare paradossale, alla luce del riconoscimento del patrimonio naturalistico come «bene culturale», secondo l’art. 10 del Codice dei Beni culturali. Ma, spiega Barbagli, «l’inclusione non è dovuta a una reale presa di coscienza del suo valore, ma al processo di democratizzazione del bene culturale in genere». Il presidente rievoca inoltre le radici storiche della condizione odierna: «In epoca preunitaria c’era una struttura analoga a quella dei musei nazionali degli Stati europei, grazie alla comunità di scienziati che si erano preoccupati di creare a Firenze collezioni naturalistiche “Centrali”. Ma con l’Unità si operò una diversa scelta politica e si promosse lo sviluppo di musei di minori dimensioni in varie città, dimostrando che l’Italia non era abbastanza “Nazione” per avere un Museo nazionale». Proprio questa frammentarietà è causa oggi dell’esclusione dei musei italiani da tanti progetti europei, poiché nessuna istituzione ha la massa critica per partecipare ai programmi internazionali. «Sarebbero dunque necessari la messa in rete del patrimonio e un modello di gestione coordinata. Le modalità potrebbero essere varie: dalla creazione di una struttura operativa centralizzata sul modello tedesco alla scelta di soluzioni su base associativa o consorziale, per sviluppare sinergie e progettualità condivise». L’Anms si batte per la diffusione della museologia scientifica in Italia, fungendo da collegamento tra le istituzioni e gli operatori interessati; attualmente sta promuovendo la virtuale unificazione attraverso CollMap, progetto nazionale di mappatura e catalogazione delle collezioni naturalistiche finanziato dal Miur. Al contempo ha istituito, con l’Accademia dei XL e le principali associazioni naturalistiche tematiche, una commissione per elaborare strategie sostenibili di gestione condivisa delle collezioni. La rinascita di un patrimonio così importante anche per la storia dell’arte (basti pensare alla cultura delle Wunderkammer e dei cabinets de curiosité) richiede un forte impegno governativo.
Il nuovo Muse di Trento
La Sala delle cere anatomiche al Museo di Storia Naturale di Firenze
Fausto Barbagli
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