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«Natura morta con chitarra» (1928) di Antonietta Raphaël. Studio Vandrash, Milano

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«Natura morta con chitarra» (1928) di Antonietta Raphaël. Studio Vandrash, Milano

Giuseppe Iannaccone: «Sogno una collezione aperta a tutti»

Nel suo studio di avvocato espone alcune delle sue opere sceltissime degli anni Trenta e confida che Milano le esponga permanentemente

Giorgina Bertolino, Elena Correggia

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«Il mio quadro agli inizi è come un seme», annota Renato Birolli sul suo taccuino. È la primavera del 1936 e sta dipingendo «Il Caos», un nuovo tema figurativo che accompagna con le riflessioni sulla forza densa e generativa della pittura. Il dipinto entra nella collezione dell’avvocato Giuseppe Iannaccone nel 2001, salutato da Zeno Birolli come un «“prelievo” del Caos dalla confusione», da aggiungere alle pareti di quella che il critico d’arte, figlio dell’artista, chiama la «casa delle emozioni dipinte».

Lì, nelle stanze dell’abitazione milanese, Giuseppe Iannaccone ha ordinato nel tempo le sue opere degli anni Trenta. Birolli, insieme a Scipione e a Badodi, sono i semi della collezione. «Il Caos» del 1936 sembra risuonare in «Caos calmo», titolo scelto per l’ottavo capitolo del ciclo espositivo «In pratica», avviato nel 2015 negli spazi dello studio legale Iannaccone e Associati. L’edizione appena inaugurata è un dialogo tra il nucleo storico e l’anima contemporanea della raccolta.

Dal 1992 Iannaccone ha esplorato la mappa di una cultura minoritaria, quel versante dissidente dell’arte italiana che dal 1930 aveva cominciato a prendere le distanze dai canoni classici, gli ideali novecentisti e le retoriche figurative del regime. Composta di pezzi esemplari, la sua raccolta ricostruisce la linea che dai Sei pittori di Torino procede attraverso i Chiaristi lombardi, la Scuola romana e Corrente. Nella pertinenza del museo (Triennale di Milano, Estorick di Londra, Gam di Torino e Museo della Città di Livorno), la collezione Iannaccone ha rivelato negli ultimi anni la propria singolare fisionomia, acquisendo in mostra una dimensione pubblica.

Inaspettate affinità
«Gli anni Trenta sono i più espressionisti della mia collezione e rappresentano l’origine della mia ricerca sull’intimo dell’animo umano. Ma sono anche opere che parlano della guerra, del suo rifiuto da parte di artisti italiani che hanno pagato con la prigione il coraggio delle loro idee, della loro passione per la realtà, lontani dalla posizione della critica di regime. Nel contesto storico attuale mi è quindi apparso molto appropriato mettere in dialogo quegli artisti, al tempo giovani, con due giovani talenti di oggi scoprendo inaspettate affinità».

Così afferma l’avvocato e collezionista Giuseppe Iannaccone in occasione dell’apertura di «Caos Calmo», il nuovo appuntamento del progetto «In pratica», curato da Daniele Fenaroli e Gloria Vergani, che fino al 25 novembre espone nello spazio dello studio legale Iannaccone di Milano le opere di Chiara di Luca (Milano, 1996) e di Aronne Pleuteri (Erba, 2001) a confronto con Aligi Sassu, Scipione, Ottone Rosai, Renato Birolli e i numerosi altri artisti della collezione anni Trenta.

La ripresa di «In pratica», dopo i due anni di pausa forzata dovuta alla pandemia, coincide con l’avvio di nuove iniziative e collaborazioni: «A dicembre inaugureremo una mostra, sempre dedicata agli artisti anni Trenta della collezione negli spazi della Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia, esponendo anche recenti e importanti acquisizioni», prosegue l’avvocato.

Fra queste spicca «Battaglia dei tre cavalieri», un dipinto di Aligi Sassu di grande emotività e dramma che si credeva perduto e che Iannaccone ha ritrovato in Ungheria e riportato in Italia, Dall’1 ottobre e fino al 6 novembre poi alcune opere della collezione, anche contemporanee, saranno ospitate a Pavarolo (To) presso lo Studio Felice Casorati, per un gemellaggio con la collezione Casorati sul tema delle artiste.

«Sarà esposto un autoritratto di Antonietta Raphaël intriso di tenerezza e fragilità, un’altra recente acquisizione, accanto a Kiki Smith e Cindy Sherman», aggiunge. Le numerose progettualità espositive confermano la forte dimensione pubblica della raccolta Iannaccone, che conta quasi 600 lavori fra opere storiche italiane e contemporanee internazionali. E contribuiscono a chiarirne la fisionomia, anche prospettica, voluta dal suo fondatore.

«Finché sarò in vita proseguirò le collaborazioni con le realtà pubbliche e private che mi chiederanno le opere in prestito con l’obiettivo di dare a tutti la possibilità di apprezzarle, spiega Iannaccone. Successivamente ho invece un progetto distinto per le due parti della collezione: i lavori contemporanei li lascerò alla mia famiglia, mentre desidererei che le opere degli anni Trenta fossero esposte al pubblico in modo permanente, data la loro importanza di testimoni della storia del Paese. Possibilmente a Milano, mia città di adozione, verso cui nutro grande riconoscenza. Ho avviato un discorso con le autorità comunali che spero si concretizzi. Certo, non sono un collezionista come Miuccia Prada, ho svolto una ricerca diversa e ho anche mezzi diversi. L’accordo a cui penso prevede che l’ente pubblico metta a disposizione uno spazio assicurando la permanenza dell’esposizione, mentre la mia famiglia si impegnerebbe a sistemarlo, a gestirlo e a renderlo visitabile. Se non ci riuscirò, allora aprirò la mia abitazione al pubblico, secondo il modello della casa Boschi-Di Stefano».
 

«Natura morta con chitarra» (1928) di Antonietta Raphaël. Studio Vandrash, Milano

Giorgina Bertolino, Elena Correggia, 26 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

Giuseppe Iannaccone: «Sogno una collezione aperta a tutti» | Giorgina Bertolino, Elena Correggia

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