Flaminio Gualdoni
Leggi i suoi articoliFinalmente qualcosa si muove, infine. Sono cominciati, dopo anni di deliri politici e verbali, i lavori per trasformare un pezzo dello Scalo ferroviario Farini in nuova sede dell’Accademia di Brera qui a Milano Era un tema già annoso quando ho cominciato a insegnarci, a Brera, nel 1980. La mia vita, d’altronde, s’interseca incolpevolmente con il recupero degli scali ferroviari cittadini, dal momento che ho anche preso casa davanti allo Scalo di Porta Genova nel 1985, quando la chiusura ormai si annunciava imminente: ma il trenino di Mortara continua ad arrivarci e partire anche oggi; in compenso, hanno chiuso il ponte di ferro che serviva e ne era l’attrazione, e hanno inventato in sostituzione l’improbabile «passaggio Biki» in un’evidente situazione di marasma progettuale.
Ma a usare degnamente lo Scalo Farini ci pensavano da un po’, tant’è che hanno coinvolto anche il Politecnico cittadino nella progettazione, e da tempo circolano rendering quantomeno belli alla vista. Alla fine saranno 20mila metri quadrati, con spazi didattici e studentato: mi azzardo a dire «saranno» e non «sarebbero», anche perché per ora stanno bonificando l’area e il terreno è ancora delle Ferrovie dello Stato, quindi campa cavallo, ma mi sento di essere, per la prima volta su questo argomento, non pessimista.
Dopo avere spacciato per anni la nuova sede alla Caserma Mascheroni (ricordo l’allora ministro Rutelli annunciante: «Il primo obiettivo del 2008: trasferire Brera in caserma, vogliamo risolvere finalmente un punto dolente della cultura italiana»), poi aver preferito la Caserma XXIV Maggio, passando per luoghi ameni come la vecchia fabbrica Ansaldo, poi gli uffici abbandonati della Dalmine che stanno dirimpetto alla Brera storica, poi alla Bicocca, poi addirittura all’area dismessa della Falck a Sesto San Giovanni dal cui risanamento hanno fatto scappare anche Renzo Piano, stavolta la scelta di chi ha deciso potrebbe essere quella buona.
Io, di mio, ho vinto la scommessa: dichiarai che sarei andato in pensione in via Brera 28, cosa che è accaduta, ma stravincere così mi sembra immodesto. Che stavolta la nuova Brera si faccia lo spero ardentemente, anche perché chi abbia frequentato sedi posticce come l’Istituto Zappa, «provvisorio » per un ventennio, o peggio ancora la sede di Arcore della Scuola di Restauro, che è in un bel posto ma sta ad Arcore, sa quanto lo squallore di una sede influisca sul lavoro didattico. Adesso dicono che si parte: pare che le intenzioni siano meno farlocche del solito. Certo, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare di burocrazia, politica dadaista, contaballismo di professione. Ma questa volta, diciamo, potrebbe succedere davvero.
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