Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Micaela Deiana, Franco Fanelli
Leggi i suoi articoli<!-- p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; text-align: justify; line-height: 11.0px; font: 8.5px 'Swift Neue LT Pro'} span.s1 {font: 8.5px 'Franklin Gothic Std Condensed'; font-kerning: none; color: #414141} span.s2 {font-kerning: none} span.s3 {font: 8.5px Helvetica; font-kerning: none} span.s4 {font: 8.5px 'Franklin Gothic Std Condensed'; font-kerning: none} span.s5 {font: 8.5px 'ITC Franklin Gothic Std'; font-kerning: none} -->
Emma Hart e Luisa Rabbia alla Collezione Maramotti
Arriva in Italia «Mamma mia», una personale di Emma Hart (1974) vincitrice della sesta edizione del Max Mara Art Prize for Women, premio biennale organizzato in collaborazione con la londinese Whitechapel Gallery, che promuove e sostiene le artiste inglesi, offrendo loro una residenza semestrale in Italia. Il periodo di produzione di questo lavoro della Hart è iniziato nel giugno 2016 e ha toccato più tappe lungo la Penisola.
A Milano l’artista ha frequentato le lezioni sull’approccio sistemico di Milano della scuola Mara Selvini Palazzoli, in cui ha appreso i metodi della terapia familiare che prevedono la rievocazione fisica e lo studio dei comportamenti reiterati. Nella Capitale ha potuto approfondire le relazioni e le strutture familiari nell’antica Roma, attraverso la visita ai monumenti funerari.
A Todi si è misurata con le tecniche della lavorazione della maiolica e a Faenza con quelle della ceramica. Ne è nata un’installazione che, dopo una prima prova espositiva alla Whitechapel nei mesi estivi, viene presentata a partire dal 15 ottobre nella sede della Collezione Maramotti. Il lavoro consiste in un gruppo di sculture in ceramica che, nelle forme, suggerisce i profili dei volti di una piccola famiglia. Sfruttando le tecniche tradizionali apprese dagli artigiani italiani, in cui l’artista si inserisce con il disegno e la pittura, viene proposta una riflessione sugli schemi di comportamento fra individui e il modo in cui i rapporti personali si manifestano visivamente nello spazio, permettendone la decodificazione.
Fra le opere e il visitatore si crea così una relazione le cui dinamiche sono leggibili attraverso la fruizione emotiva delle opere. Il progetto è accompagnato da un catalogo e in primavera, conclusasi il 18 febbraio la tappa italiana, la mostra si sposterà a Edimburgo, alla Fruitmarket Gallery. Nel 2000 Luisa Rabbia (1970), all’epoca una delle più promettenti giovani artiste formatasi all’Accademia Albertina di Torino, si è trasferita a Brooklyn.
La Collezione Maramotti, tuttavia, non l’ha mai persa di vista e negli anni, dal 2009 al 2017, ne ha acquisito una decina di opere. Nelle stesse date della mostra di Emma Hart, le espone sotto il titolo «Love», lo stesso di un elemento di una trilogia, «Love-Birth-Death» di recentissima realizzazione. I temi fondamentali e primari dell’esistenza, indagati con una tecnica di straordinaria maestria abbinata a un prezioso ricorso alla manualità, caratterizzano il lavoro dell’artista, capace di spaziare dalla scultura al disegno e, più recentemente, alla pittura, dalla penna al pastello. L’ultima produzione svela grandi «mappe» organiche, geografie anatomiche e cellulari attraversate da immaginari circuiti sanguigni e nervosi. Emerge così la «pelle» di una pittura solcata da impronte digitali, a suggerire molteplici, collettive individualità e un continuo movimento pulsante sotto queste elaborate «membrane».
La mostra, completata da un libro d’artista e da un intervento concepito per la sede della Collezione Maramotti, è accompagnata da una pubblicazione con un saggio di Mario Diacono.