Paul Nicholls
Leggi i suoi articoliDipingo dall’età di tre anni e anche oggi produco le mie modeste creazioni con entusiasmo. La mia attività di scholar-dealer ne è una conseguenza, una passione che ha stimolato la mia curiosità di saperne di più.
Nicholls è un cognome della Cornovaglia e i Nicholls erano minatori di stagno. Mio padre era un ingegnere chimico, mia madre una modella e una mancata soprano. Per darmi una buona educazione mi hanno mandato in collegio a soli sette anni. A Rugby, il mio collegio successivo, vinsi una borsa di studio in latino e greco per Cambridge. Nei mesi tra la scuola e l’Università ho insegnato matematica in Uganda. Per la laurea, invece, ho studiato archeologia e antropologia, poi storia dell’arte, con una tesi su «Gauguin e il primitivo». Grazie al mio tutor, Francis Haskell, nel 1966 ho pubblicato un libro su Gauguin negli Stati Uniti. Nel 1967, mi sono trasferito in Italia, dove ho sposato la figlia di un collezionista dell’Ottocento italiano.
Nella milanese Galleria Sant’Ambrogio (già Gussoni), mio suocero voleva rivalutare la pittura del XIX secolo e me ne affidò la direzione. La sua scomparsa nel 1971 mi ha spinto a occuparmi di pittura moderna, con mostre di artisti come Mario Sironi, Oskar Kokoschka, il gruppo Cobra e, specialmente, l’inglese Graham Vivian Sutherland, che ho conosciuto personalmente. Per qualche mese nel 1976 ho diretto la Galleria Mazart a Bissone (Lugano), allestendovi mostre di Sutherland, Henry Moore, Kokoschka e una collettiva con opere di Paul Klee, René Magritte e altre firme internazionali. Sul finire degli anni ’70 il mercato dell’arte contemporanea si è però indebolito e, consapevole che per riuscire nella vita bisogna sapere qualcosa di tutto e tutto di qualcosa, ho deciso di creare un punto fermo di riferimento per l’Ottocento italiano, che invece si vendeva bene. Chiusa la galleria, ho quindi frequentato un corso di restauro, potenziato la biblioteca e modernizzato gli archivi.
La fondazione dello Studio Paul Nicholls, nel 1976, seguita dall’adozione di un computer nel 1983 e dall’assunzione di una ricercatrice, ha segnato una svolta. Da quel momento in poi, mi sono impegnato a raccogliere e analizzare informazioni dalle fonti originali: è stata un’avventura affascinante. Ora, interrogando le voci di cataloghi d’epoca inserite nel database, è possibile tracciare il percorso espositivo di qualsiasi artista, con risultati immediati. Ho fatto la prima prova del sistema con Vincenzo Cabianca: una magia! Oggi un tale esercizio è scontato, ma allora l’exploit era alquanto pionieristico. Inoltre, emulando la Witt Library di Londra, ho ordinato le innumerevoli riproduzioni lasciate per caso da Federico Gussoni. Incrementato nel frattempo, questo archivio iconografico ora comprende circa 100mila riproduzioni: foto, fotocopie, quadricromie e anche incisioni originali.
Lo Studio si è così qualificato per collaborazioni di alto livello. Negli anni Ottanta ho iniziato una consulenza esclusiva con Sotheby’s Milano, Londra, Parigi e New York, per la pittura italiana dell’Ottocento, ancora in essere. Il compito richiedeva la conoscenza di tutti gli artisti, una sfida facilitata dai nuovi archivi, che si dimostravano essenziali per poter identificare i vari membri di una famiglia di pittori, come i Palizzi o i Morgari, per esempio, o risolvere problemi di omonimia, come Costa o Pellegrini. Grazie a un censimento digitale svolto nel 1995, poi, si è potuto documentare, per la prima volta, l’esistenza di oltre 10.000 artisti attivi in Italia tra il 1815 e il 1900. Il lavoro è stato svolto per De Agostini come premessa dell’opera enciclopedica curata da Giuliano Matteucci, Pittori e pittura dell’Ottocento italiano, la cui sezione commerciale era di mia competenza, mentre la banca dati dello Studio è servita ad aggiornare le voci biografiche del Dizionario. Mi sono dedicato a diversi artisti, in particolare Eugenio Gignous e Nino Costa, con un libro sul primo e mostre del secondo. Proprio durante le ricerche su Costa a Londra (il pittore coltivava una nutrita clientela inglese) sono emersi i nomi di altri italiani presenti sulla piazza inglese, suscitando la mia intensa curiosità. In ogni visita in Inghilterra negli ultimi trent’anni ho quindi riservato del tempo per approfondire la fama, la fortuna o il fallimento di 1.600 artisti italiani attivi nella Gran Bretagna vittoriana. L’incredibile quantità di scoperte mi ha convinto a creare, piuttosto che un libro, un sito, con costi minori, l’aggiornamento facile e la diffusione immediata e gratuita. Lo spoglio di oltre 300 cataloghi espositivi d’epoca ha fatto nascere 800oltremanica che rende accessibili le mie ricerche.
Ho donato la mia biblioteca e l’archivio cartaceo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano per renderli fruibili a tutti. Da tempo collaboro con il dipartimento di Storia dell’Arte, dove posso condividere le mie risorse storiche con diversi laureandi. Ora il mio sostegno alla loro ricerca continuerà anche senza l’attività dello Studio Paul Nicholls.