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1. Una sala della sezione del Mao dedicata all'Asia meridionale, prima dei recenti interventi

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1. Una sala della sezione del Mao dedicata all'Asia meridionale, prima dei recenti interventi

Che succede al Mao?

Redazione GDA

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La «fame» di spazi espositivi può portare un museo a snaturarsi, rinunciando a una parte del proprio allestimento permanente? 
Andrea Bruno è l’architetto che a Torino ha realizzato la trasformazione in Museo d’Arte Orientale (Mao) del seicentesco Palazzo Mazzonis; un intervento importante per la Città, fortemente voluto, solo sei anni fa, dall’Amministrazione Comunale e costato l'equivalente di circa 10 miliardi di lire. Bruno si domanda quale sia il criterio che ha potuto determinare la scelta di smantellare la sezione introduttiva del Mao, considerato e apprezzato a livello internazionale per la completezza e la rarità delle collezioni esposte e per il fascino del suo allestimento. «Un'operazione da talebani, paragonabile alla recente e scellerata distruzione e all'accanimento sulle collezioni del museo di Mosul, commenta l'architetto torinese. Constatare che per creare uno spazio per le esposizioni temporanee (nel caso specifico la mostra «La via della Seta nelle fotografie di Michael Yamashita», aperta dal 19 dicembre al 12 aprile realizzata dal Mao in collaborazione con National Geographic Italia) il piano terreno del Museo sia stato svuotato completamente dall’allestimento permanente, crea indignazione e sgomento per la sua illogicità.
Le sale in precedenza occupate dalla Galleria dell'Asia meridionale, in cui erano state raggruppate le tre diverse aree del Gandhara, dell'India e de Sud-Est asiatico, sono state smantellate. Rimosse vetrine
(ne sopravvive qualcuna, ancora visibile nel percorso della mostra temporanea, Ndr), pannelli, teche, dipinti murali realizzati ad hoc, lo spazio si è trasformato in una successione di anonimi ambienti bianchi che al momento accolgono le 76 maxifotografie di Yamashita. Le opere del Ghandara e dell'Asia meridionale, anche di grandi dimensioni, sono state portate al primo piano, nella sezione dedicata alla Cina, snaturandone l’allestimento, o trasferite in depositi esterni al Museo. Il restauro di Palazzo Mazzonis e l'allestimento museale erano stati pensati come un unicum. Il progetto museografico si articolava in cinque aree culturali ben definite: Asia meridionale, civiltà cinese, area himalayana e centroasiatica, area del Giappone e area dei Paesi islamizzati. Queste cinque sezioni trovavano una naturale corrispondenza nella struttura architettonica di Palazzo Mazzonis, che senza forzature o trasformazioni radicali, permetteva di creare cinque spazi espositivi adatti ad ospitarle, spazi comunicanti ma strutturalmente distinti. Le opere erano perfettamente integrate nell’ambiente che le accoglieva».

Al Mao intanto, dopo l'interim ricoperto da Enrica Pagella per alcuni mesi, sta per insediarsi il nuovo direttore, Marco Biscione, fino allo scorso anno responsabile dei Musei Civici di Udine. Il consiglio direttivo della Fondazione Torino Musei, cui il Mao fa capo, ha ratificato la scelta della commissione scientifica a metà febbraio. Ma anche su questa nomina le polemiche non mancano. Nell'interpellanza «Un Mao sempre più svizzero?», presentata in Consiglio Comunale il 23 febbraio scorso, i consiglieri Chiara Appendino e Vittorio Bertola denunciano presunte illegittimità nella selezione per il neodirettore. Uno dei componenti della commissione infatti è Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, museo del cui comitato scientifico faceva parte anche Biscione.

Con il museo luganese il Mao aveva siglato a febbraio 2014 un discusso accordo di programma, oggetto anch'esso di interpellanze. L'accordo prevedeva che dal 1° febbraio 2014 al 31 dicembre 2017, al costo di 66mila euro l'anno, il museo luganese mettesse a disposizione di quello torinese il proprio Sistema delle attività come modello per l’elaborazione di un analogo Sistema delle attività del Mao, con l’obiettivo di avviare per il museo torinese il processo di certificazione di qualità Iso 9001:2008. A seguito delle voci di una possibile sospensione dell'accordo, Patrizia Asproni, presidente della Fondazione Torino Musei, il 13 ottobre scorso aveva dichiarato al sito Ticinonews: «A oggi tra la nostra fondazione e il museo luganese non sono intervenute modifiche contrattuali rispetto a quanto pattuito. La fase successiva dell'accordo prevede la condivisione di un crono programma delle attività espositive temporanee per il periodo 2015-2017. Le modalità della collaborazione devono tuttavia ancora essere definite e dovranno tener conto della situazione contingente e della prossima nomina della nuova direzione del Mao».
Guarda caso, una nuova direzione molto vicina a Lugano.


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3. Una vetrina della sezione del Mao dedicata all'Asia meridionale, prima dei recenti interventi

4. La stessa vetrina così come si presenta ora

2. La stessa sala, ora destinata a spazio espositivo

1. Una sala della sezione del Mao dedicata all'Asia meridionale, prima dei recenti interventi

Redazione GDA, 30 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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