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Silvano Manganaro
Leggi i suoi articoliTra i primi appuntamenti della nuova direzione del Macro (cfr. lo scorso numero p. 44) c’è dal 14 maggio al 13 settembre la mostra «I belgi. Barbari e poeti», a cura di Antonio Nardone. Come a voler sottolineare un legame con Roma, la rassegna, una sorta di excursus sull’arte del Paese nordeuropeo nel XX secolo, trae il proprio titolo dal De Bello Gallico di Giulio Cesare e ha l’ambizione di individuare i due aspetti che più caratterizzano la cultura belga: quello intrepido e selvaggio (iconoclasta e iconico, come lo definisce il curatore) e quello lirico. La lista degli artisti è notevole: da Ensor a Magritte, Delvaux e Broodthaers fino ai più recenti Panamarenko, Messieurs Delmotte, Jan Fabre e Pascal Bernier. Ad accompagnare questa mostra (allestita nella Sala Bianca), il giorno dell’inaugurazione viene presentato anche il video di Marinella Senatore «Jammin’ Drama Project» (proiettato nella Sala Cinema fino al 30 maggio). Il film, facente parte dell’iniziativa «Museo chiama Artista» (collaborazione tra Mibact e Amaci), è la documentazione di un progetto partecipativo che ha coinvolto oltre 150 cittadini della comunità ispanica e afro-americana di Harlem. Liberamente ispirato alla pellicola di John Cassavetes «Love Streams» («Scia d’amore», 1984) e debitore del lavoro che Tim Rollins ha condotto negli anni Ottanta nel South Bronx, dove coi suoi studenti aveva sviluppato una strategia di collaborazione denominata jammin’, il video denota ancora una volta una concezione dell’artista come «attivatore di energie»: elemento chiave per capire l’opera della giovane artista campana.
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