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Atteso da 45 anni

Silvia Mazza

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Il 27 dicembre è stato inaugurato il Museo Archeologico presso Palazzo Cappellani (XVIII-XIX secolo). Lo si attendeva da 45 anni, da quando, cioè, la Regione alla fine degli anni ’70 aveva acquistato l’edificio espressamente destinato all’esposizione della collezione realizzata nella prima metà dell’Ottocento dal barone Gabriele Judica, regio custode per le Antichità di Noto, derivante in parte dalle sue raccolte e in parte dagli scavi archeologici che egli stesso condusse nelle necropoli di Colle Orbo e della Pinita, nell’area dei «Santoni», nelle latomie, nei templi ferali, del teatro greco e del bouleuterion.

Il progetto di allestire un museo con i reperti dell’imponente collezione (finora nei depositi del Museo Archeologico di Lentini) è, in realtà, l’attualizzazione in chiave contemporanea di quanto lo stesso Judica aveva realizzato, esponendo la sua collezione in ambienti dedicati nel proprio palazzo, per consentirne la visita a studiosi e visitatori, seguendo un indirizzo che derivava da altri cultori di antiquaria del tempo (come il principe Biscari a Catania alla metà del Settecento). Il restauro del palazzo, sotto il profilo strutturale, era già stato eseguito negli anni precedenti, con un finanziamento della legge 433, dopo il terremoto del 1990. Mancavano rifiniture, impiantistica, arredi e allestimento, realizzati con il progetto di completamento ora concluso grazie a 1 milione e 200mila euro di fondi europei.

Il museo si propone di rappresentare storicamente, attraverso l’esposizione diacronico-tipologica dei reperti, quel particolare approccio alla ricerca archeologica e alla ricostruzione del mondo antico che fu costituito, fra Sette-Ottocento, dall’antiquaria e dal collezionismo, e quel fondamentale momento di passaggio dalla raccolta pura e semplice di materiali eterogenei allo scavo archeologico a scopo conoscitivo e ricostruttivo, che ebbe in Judica, figlio della cultura illuministica, uno dei più alti e colti rappresentanti. Si è riusciti a ricostruire, inoltre, un panorama ampio e rappresentativo delle produzioni artistiche e artigianali, degli scambi commerciali e degli influssi culturali che agiscono nell’entroterra siracusano, in un arco cronologico che va dalla preistoria fino all’età romano-bizantina. Molto ricca è la produzione ceramica di età arcaica, come la produzione coroplastica, soprattutto di età ellenistica.

Silvia Mazza, 03 febbraio 2015 | © Riproduzione riservata

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