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Arrivano i mostri

Michele Dantini

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Hybris ci racconta una storia. Le immagini, per Jean Clair, sono naturalmente parte dell’epoca cui risalgono e come tali possono essere interpretate, in termini di psicologia storica o «ritorno del rimosso».

C’è una circostanza curiosa nella storia dell’arte contemporanea: la proliferazione di mostri. Clair enumera con cura tipi e varietà. L’omuncolo, l’acefalo, il colosso. Quest’ultimo pare avere la precedenza su tutti gli altri, quantomeno sotto profili cronologici: rimanda infatti a Goya, l’eroe eponimo del racconto, il precursore di ogni altro evocatore di mostri, da Redon a Munch e Masson, da Klinger a Kubin.

Perché l’arte contemporanea è stata così potentemente attratta dalle forme della teratologia? Clair stabilisce un’analogia tra l’immaginazione del mostro e l’azione della ghigliottina. Questa divide ciò che è unito in natura, suscita fantasie macabre, indagini sulla possibile sopravvivenza dei tronconi. La ghigliottina è per Clair il vero e unico propellente lisergico della fantasia romantica e decadente: nel decapitare Luigi XVII, i giacobini infrangono un divieto politico-religioso che inquieta i sogni delle generazioni successive.
Un dipinto di Balthus, il «Passage du Commerce Saint-André», 1952-54, sorregge l’interpretazione: perché, si chiede Clair, Balthus si dedica alla rievocazione di uno scorcio di Parigi particolarmente connesso alla storia giacobina e dissemina nel quadro innumerevoli citazioni della ghigliottina?
Nella cultura parigina entre-deux-guerres il tema del mostro si riformula in chiave di critica culturale: se il progetto liberale illuminista è fallito, sostengono intellettuali e scrittori come Breton o Bataille, è tempo di perseguire la dissoluzione dell’ego e infrangerne il controllo.
Una mappa «mostruosa» disegnata da Breton delinea le inedite geografie affettive dei surrealisti. Intere nazioni come gli Stati Uniti o persino continenti spariscono, colpevoli di accogliere culture che credono o hanno creduto nelle esauste risorse della ragione. Altre invece, pressoché deserte, acquistano dimensioni iperboliche. L’Alaska si estende oltremisura e sembra prepararsi a inghiottire l’Asia.


L’indagine surrealista sull’es si accompagna al rifiuto dei generi figurativi tradizionali. Sono la figura e ancor più il ritratto a fare le spese di questa «transvalutazione». Gli artisti più vicini al movimento li disertano oppure li reinventano in modo funambolico, come Dalí. All’arte del secondo dopoguerra resta un’eredità fatta di cenere: e Clair indaga il modo in cui artisti fedeli alla figura, come Giacometti e Bacon, si sforzano di contrastare la sua disgregazione. 

Hybris. La fabbrica del mostro nell’arte moderna. Omuncoli, giganti e acefali, di Jean Clair, trad. di Rossella Rizzo, 166 pp., ill. b/n, Johan & Levi, Monza 2015, € 24,00

Michele Dantini, 26 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

Arrivano i mostri | Michele Dantini

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