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Micaela Deiana
Leggi i suoi articoliIn Sardegna la prima mostra italiana su Vivian Maier
Dal totale anonimato all’essere contesa dai musei, in soli otto anni: son questi i tempi del fenomeno Vivian Maier, l’ormai celebre «bambinaia fotografa» (1926-2009). Nel 2007 John Maloof si imbatte fortuitamente nei suoi scatti fra i lotti di un’asta a Chicago e inizia a ricostruirne la figura, sviluppando negativi, analizzando provini, e tracciando la storia personale di Vivian Maier attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuta, in particolar modo le famiglie con cui ha lavorato.
Ne emerge il ritratto di una persona introversa, con una grande capacità di osservazione e l’intuito di chi sa catturare l’insolito e il prezioso nella quotidianità. Il suo campo di indagine prediletto era la strada e le persone che vi si avvicendano, di cui registrava anime e umori, passando con rapidità dall’ironia al dramma.
Così la bambinaia si avventurava quotidianamente fra le vie cittadine, con la macchina fotografica al collo e l’attenzione rivolta forse più a quanto accadeva intorno che ai bambini a cui avrebbe dovuto badare (come testimoniano loro stessi, oggi adulti).
Non partecipò mai a una mostra, tenendo per sé la sua produzione, ma conservandola con una cura che lascia intuire un segreto desiderio di condivisione. Negli ultimi due anni i suoi scatti sono stati esposti in diverse istituzioni europee e arrivano ora in Italia, in mostra al Man, museo geograficamente defilato ma connesso con le dinamiche internazionali.
Oltre 150 opere tra autoritratti, ritratti, bambini, vita di strada, provini a contatto, foto a colori e filmati (queste le sezioni del progetto a cura di Anne Morin, visitabile dal 10 luglio al 18 ottobre) forniscono un assaggio di un corpus fotografico ampio, il cui svelamento è ancora in corso, ma che già rivela una qualità tale da permetter di accostare il nome della Maier ai più grandi maestri della street photography, come Alfred Eisenstaedt, Lisette Model, Elliott Erwitt, Helen Levitt, Garry Winogrand.
Il successo critico è supportato dall’attenzione del grande pubblico, grazie anche all’accattivante documentario «Finding Vivian Maier», a firma dello stesso Maloof, e allo spazio che i media stanno dedicando alla fotografa, sedotti dal fascino di una storia personale ricca di aneddoti e da un occhio fotografico che sa combinare acume e spontaneità.
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