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Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliAgrigento. Due mostre archeologiche siciliane anticipano la grande esposizione di reperti della Sicilia che si aprirà al British Museum nel 2016, a seguito di un progetto di collaborazione siglato nel 2012 tra il museo londinese e l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
È stata inaugurata ieri ad Agrigento «Tesori dalla Sicilia. Gli ori di Sant’Angelo Muxaro dal British Museum e dal Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa», in un’ideale staffetta proprio col museo siracusano, dove, il 23 novembre, si è conclusa, dopo un mese, «Tesori della Sicilia. Gli ori del British Museum a Siracusa».
Ad Agrigento l’esposizione, aperta fino al 14 dicembre, celebra il 250° anniversario della fondazione della Biblioteca Lucchesiana con l’eccezionale esposizione, nelle stesse sale in cui fu per prima custodita e ammirata, della preziosa patera aurea (VII secolo a.C.) da Sant’Angelo Muxaro, posseduta e conservata nel XVIII secolo dal vescovo Andrea Lucchesi Palli nella sua biblioteca, e arrivata alle collezioni del British nel 1772 per donazione di Sir William Hamilton. Fanno da corona a questo straordinario pezzo i due anelli aurei, rinvenuti anch’essi a Sant’Angelo Muxaro agli inizi del secolo scorso e da allora custoditi presso il museo di Siracusa, perché legati alla figura di Paolo Orsi e alle ricerche da lui condotte nel sito agrigentino. Doppia ricontestualizzazione per questi tre reperti, perché saranno esposti anche nel luogo originario dei ritrovamenti, presso il nuovo Museo Civico Archeologico di Sant’Angelo Muxaro, in occasione della sua inaugurazione il 16 dicembre.
«Questa mostra, ha sottolineato la soprintendente Caterina Greco, è la sintesi esemplare di cosa può e deve essere una Soprintendenza unica (specificità della Regione autonoma siciliana, mentre quelle statali sono tematiche, Ndr) che lavora a 360 gradi nel e per il territorio. Abbiamo messo insieme libri, collezionismo, archeologia, memorie storiche e paesaggistiche, architetture di pregio, e il bellissimo e martoriato centro storico di Agrigento. È la forza del modello siciliano che, benché alcune applicazioni siano da rivedere perché inadeguate, io considero ancora, e sempre di più se ripenso alla mia esperienza personale (la Greco, essendo stata anche soprintendente archeologo della Calabria e ad interim della Basilicata, è tra i pochissimi dirigenti ad avere esperienza, in ruoli apicali, sia nell’amministrazione statale che regionale, Ndr), culturalmente avanzatissimo».
I tre preziosi reperti di Sant’Angelo Muxaro erano stati già presentati nella prima vetrina espositiva a Siracusa, dove, sempre «nel segno della ricontestualizzazione, ha detto la direttrice Gioconda Lamagna, i gioielli del ripostiglio di Avola dal British, sono stati accostati alle dieci monete d’oro facenti parte del ripostiglio con materiali di IV secolo a.C. scoperto nel 1914; insieme ad altri esemplari delle collezioni del museo provenienti da Siracusa stessa, da Akrai, e da altri siti della Sicilia centro-orientale (Morgantina e Adrano)». Per l’occasione, inoltre, è tornato stabilmente esposto al museo Orsi il servizio d’argento di età tardo-repubblicana di Megara Hyblaea, rinvenuto nella colonia greca durante gli scavi francesi degli anni Cinquanta del Novecento.
Una considerazione a margine. Ma queste mostre siciliane possono dirsi nel segno della «nuova stagione siciliana della reciprocità dei prestiti» che intendeva porre fine ai «rapporti asimmetrici» (cfr. n. 335, ott. ’13, p. 14), per usare le parole dell’allora assessore Mariarita Sgarlata? A fronte di questi pur pregevolissimi prestiti dal British, quante e quali saranno le opere che lasceranno i musei siciliani per l’esposizione londinese che si annuncia «grande»? Siamo, in altre parole, di fronte a progetti equivalenti quanto a significato culturale e a ricadute economiche? In Sicilia, per esempio, ancora si attende la contropartita al prolungamento della mostra «Sicily: Art and Invention between Greece and Rome», oggetto di un contenzioso nell’estate 2013. Il Cleveland Museum of Art, in Ohio, che aveva ospitato in seconda tappa la mostra (dopo il Getty Museum), avrebbe dovuto inviare quest’anno la «Crocifissione di sant’Andrea» di Caravaggio, insieme ad altri caravaggeschi.
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