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Giorgio de Chirico, Mélancolie hermétique, 1919, Musée d’art moderne de Paris © ADAGP

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Giorgio de Chirico, Mélancolie hermétique, 1919, Musée d’art moderne de Paris © ADAGP

Addio a Jacqueline Munck

Era storica dell’arte e figura chiave del Musée d’Art Moderne de Paris, dove aveva curato numerose mostre importanti, tra le quali la più completa retrospettiva mai realizzata in Francia su Giorgio de Chirico

Bianca Cerrina Feroni

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È scomparsa a Parigi, a 68 anni, «una delle curatrici più rispettate del Musée d’Art Moderne», ha commentato Fabrice Hergott, direttore dell’istituzione parigina, ospitata nello stesso imponente edificio razionalista che accoglie anche il Palais de Tokyo. «La sua conoscenza del patrimonio artistico e il rispetto profondo con cui interpretava le opere erano riconosciuti da tutti».
Diplomata alla prestigiosa École du Louvre, Jacqueline Munck era specializzata nei movimenti d’avanguardia del XX secolo, con un’attenzione particolare al Fauvismo. Aveva iniziato la sua carriera al Musée d’Art Moderne nel 1988, quando ancora il museo era nelle mani di Suzanne Pagé, influente personalità del mondo dell’arte, attualmente direttrice della Fondation Louis Vuitton. Tra le importanti mostre da lei curate, quelle dedicate a Joseph Sima, André Derain, Henri Matisse, Georges Rouault e Pierre Bonnard, alle quali si aggiungono quelle organizzate in musei all’estero con le collezioni del museo, come l’ultima alla Fondazione Gianadda nel 2023. «Grazie alla perfetta conoscenza delle collezioni pubbliche e anche dei molti collezionisti privati in Francia e all’estero, Jacqueline riusciva a organizzare grandi mostre. Oltre a un sempre attento lavoro sulle opere del museo, era l’attività che prediligeva», ricorda Sophie Krebs, capo curatrice con la quale per tanti anni ha condiviso l’ufficio.

 

Jacqueline Munck

Giorgio de Chirico Portrait prémonitoire de Guillaume Apollinaire 1914 Musée national d’art moderne © ADAGP

Nel 2001, con «Dans l’écart du réel», si era confrontata con la poetica silenziosa di Giorgio Morandi riunendo circa 80 opere del maestro bolognese. «Una mostra completa che fu apprezzata per la lettura inedita dell’artista, soprattutto degli anni Cinquanta e Sessanta e per l’allestimento particolarmente ricco e pertinente», racconta Roberta Calarota, della Galleria d’arte Maggiore di Bologna. Ricercatrice instancabile, con innumerevoli pubblicazioni all’attivo, «portava a termine ogni progetto con grande rigore», ricorda Suzanne Pagé, con la quale condivideva una grande complicità. «Non aveva solo la testa, ma anche un grande occhio. La sua sensibilità nell’allestimento era acuta, e l’approccio critico non era mai neutrale».
A più di 25 anni di distanza dalla monografica organizzata dal Centre Pompidou, nella mostra «Giorgio de Chirico et la Fabrique des reves» portò avanti una rilettura approfondita dell’opera del maestro della metafisica. Dalla scenografia al catalogo che riprendeva le forme enigmatiche degli interni ferraresi, tutto era pensato per far entrare lo spettatore nella “Fabbrica dei sogni” del Pictor Optimus che, secondo la tesi della curatrice, non terminava nel 1919, come aveva decretato André Breton, ma proseguiva fino alla fine della sua vita. «Una scommessa riuscita che ha permesso di capire la complessità del maestro», racconta Paolo Picozza, presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. Tra le oltre centosettanta opere, molte tele viste raramente e diversi prestiti importanti e soprattutto un approccio critico che ha permesso di far conoscere «non solo le prime tele metafisiche, ma anche la fase neo-metafisica a lungo marginalizzata e poco conosciuta all’estero».

Giorgio de Chirico L'Énigme d’un jour 1914 Musée d’art contemporain de l’université de Sao Paulo © ADAGP

Giorgio de Chirico Retour d’Ulysse 1973 Musée d’art moderne de Paris © ADAGP

Bianca Cerrina Feroni, 17 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

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