Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Un render di uno degli spazi del nuovo Catalunya Media City

© Filippo Bolognese

Image

Un render di uno degli spazi del nuovo Catalunya Media City

© Filippo Bolognese

A Barcellona audiovisivi, digitale e videogiochi in «un’opera di Land art»

Racconta il progetto Daria de Seta, della squadra di architetti che con «E la nave va» ha vinto il concorso per un gigantesco Catalunya Media City. Budget: 70 milioni di euro solo per la costruzione

Roberta Bosco

Leggi i suoi articoli

L’architetta Daria de Seta (Napoli, 1972) è socia dello studio Garcés De Seta Bonet arquitectes (noto per aver firmato diversi centri culturali tra cui il Museo Picasso di Barcellona), fresco vincitore del concorso per la riqualificazione e trasformazione dello spazio industriale delle Tres Xemeneies (Tre ciminiere) nel Catalunya Media City (Cmc). In questo progetto, strategico per la città di Barcellona, lo studio catalano sarà affiancato da Marvel Architects, uno studio di New York esperto nella trasformazione di ​​strutture storiche. Il Cmc richiederà da 5 a 7 anni di lavori e un budget di oltre 70 milioni di euro solo per la costruzione, a cui si dovranno sommare l’allestimento degli interni e tutte le attrezzature che richiede un polo di produzione, ricerca e formazione nei settori audiovisivo, digitale e dei videogiochi

L’iconico edificio delle Tres Xemeneies, che nel 1914 fu il primo produttore di energia elettrica d’Europa, funzionò come centrale termica fino al 2011 quando fu chiuso. Da allora è stato al centro di un acceso dibattito tra chi lo voleva demolire e chi lo considerava un simbolo ineludibile del passato industriale e della storia operaia di Barcellona. Poi l’anno scorso venne riaperto come una delle sedi principali della biennale nomade Manifesta, riportandolo alle luci della ribalta.  

L’epicentro del Cmc sarà uno spazio espositivo di 5.600 metri quadrati (17 metri di altezza e 160 metri di lunghezza), destinato alle nuove forme espressive del mondo digitale e audiovisivo. «Nel Cmc gli elementi architettonici offriranno nuove prospettive paesaggistiche, come se si trattasse di un’opera di Land Art», assicura a «Il Giornale dell’Arte» Daria de Seta, figlia di Cesare de Seta, noto scrittore e storico dell’architettura. «Ogni piano sarà dedicato a una realtà, spiega: Innovazione (esposizione ed eventi multimediali), Imprese (dedicato alla formazione professionale) e ricerca (vincolato all’università). All’edificio antico sarà accorpata una nuova costruzione con una struttura più leggera e una pelle interattiva, che ha il suo punto forte in una facciata capace di accogliere luce e proiezioni, visibili sia da vicino che da lontano. Questo edificio, che amplierà e completerà quello esistente, sarà occupato da spazi pubblici accessori tra cui biblioteca, caffetteria e negozio».

Come avete affrontato le richieste per il concorso di riabilitazione e trasformazione dello spazio industriale delle Tres Xemeneies nel Catalunya Media City?
Catalunya Media City (Cmc) vuole proporre una rivoluzione come fu quella che portò il Centre Pompidou ai suoi tempi. A Parigi si passò dal «museo tempio», dove l’arte è preservata ed esposta attraverso la voce degli storici, all’idea del museo come «centro» di arte e cultura, come «foro» dove si condividono visioni e in cui le arti visive si aprono ad altre espressioni artistiche ed attività: cinema, teatro, biblioteca, caffetteria ecc. La costruzione del Cmc implica un altro passaggio: non solo si fruisce e si condivide l’arte, ma alla fruizione si sommano la formazione e la produzione. Questo significa creare nuovi ponti tra un pubblico «fruitore» e un pubblico «attore» in modo sinergico. Ci sarà quindi un’ulteriore condivisione tra coloro che vanno a vedere e coloro che stanno nel centro studiando, ricercando e creando.

Come si materializza questa rivoluzione nel vostro progetto?
Il progetto interpreta questa nuova tipologia di spazio rendendo la parte preesistente, una specie di enorme lingotto monomaterico che ospitava la centrale, molto più «poroso» aprendo dei varchi nella facciata, di modo che si trasformi in una porta, in uno spazio di transizione tra la città e il paesaggio, tra le case e la spiaggia. Sarà un edificio di grande accessibilità e accoglierà istituzioni diverse che avranno ognuna il loro ingresso e il loro accesso alla grande sala d’esposizione multifunzionale, provvisoriamente battezzata «Sala delle Nuove Esperienze», che occupa tutto l’ultimo piano. L’abbiamo interpretata come una grande «piazza laboratorio» per preservare la massima versatilità e poterla usare per eventi diversi. Il progetto esalta il carattere vuoto di questo magnifico spazio collocando le attrezzature sotto il pavimento e nel soffitto, di modo da lasciare le facciate libere verso il mare, consentendo all’ambiente, flessibile grazie a elementi provvisori, di ospitare qualsiasi attività, da spettacoli intimi a installazioni su larga scala con una capacità fino a 4.500 persone.

Quali sono stati considerati gli elementi forti della vostra proposta, che ha vinto con 95,41 punti su 100, a molta distanza dagli altri studi finalisti?
Abbiamo progettato una proposta che gioca con connessioni e nessi: temporali, paesaggistici e territoriali. Le sezioni trasversali creeranno un isolato più poroso e permeabile, consentendo a utenti e residenti che prima si trovavano di fronte a un muro gigantesco e ostile, di attraversarlo grazie a questi nuovi varchi, vere e proprie strade che permetteranno il transito senza necessità di entrare nell’edificio, mentre la vegetazione autoctona s’infiltrerà attraverso i vuoti interni. Questa struttura si configurerà come un elemento di collegamento tra la costa di Barcellona e quella del Maresme: per la prima volta, ci sarà un balcone aperto da Sant Adrià de Besòs verso Badalona, creando quindi un’inedita connessione territoriale. Cmc sarà un punto di riferimento nel paesaggio visto da terra, dal mare e dal cielo e insieme alla collina di Montjuïc, definirà una fascia di importanza capitale sulla costa catalana.

È una zona molto esposta agli elementi naturali e molto ostile, non a caso gli abitanti della zona la chiamano Chernobyl. Come interverrete?
Di fronte al Cmc si costruiranno dei «plateaux» di otto metri di altezza, come una sorta di paesaggio di dune artificiali che serviranno anche a proteggere l’edificio storico dal mare, dal vento e dagli agenti esterni particolarmente aggressivi in questa zona. Sui tetti di queste dune inoltre verrà creato un «paseo», una passeggiata che collega Badalona con Barcellona, dotata di scale leggere che permettono anche di accedere all’edificio centrale creando una relazione osmotica tra gli spazi pubblici interni ed esterni.

Come avete affrontato la costruzione dal punto di vista dell’ecologia e della sostenibilità?
Abbiamo introdotto elementi nuovi con materiali più leggeri e con meno impatto sulla sostenibilità e le dune saranno in terra cruda. Il Cmc è concepito per essere un edificio a basso consumo energetico, con una forte produzione di energia rinnovabile attraverso 4.500 metri quadrati di pannelli fotovoltaici che compensano la maggior parte dell’energia consumata dagli impianti di climatizzazione e illuminazione, contribuendo così alla sostenibilità complessiva dell’edificio. Il progetto dell’edificio adotta un approccio integrato ai concetti di architettura passiva e punta a ridurre il fabbisogno energetico attraverso il controllo bioclimatico.

Il titolo del vostro progetto è «E la nave va», chiaramente felliniano...
Il nostro vuole essere un omaggio a Federico Fellini e al suo universo visionario sospeso tra memoria, fantasia e vita. Si basa sul rispetto per il carattere unico di quest’edificio, a metà strada tra l’archeologia di un passato industriale recente e un’astronave proveniente da paesaggi futuri.

 

Da sinistra, Jordi Garcés, Daria de Seta e Anna Bonet

Roberta Bosco, 01 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Al Macba un centinaio di opere di una delle voci più autorevoli della scena artistica cubana in esilio

L’artista giapponese presenta una completa retrospettiva con opere inedite realizzate per l’Azkuna Zentroa-Alhóndiga

Il museo madrileno chiude il ciclo espositivo sulla pittura veneta con la più completa mostra dedicata a «un artista superlativo, che non ha mai perso la velocità, la facilità e la maestria che l’hanno caratterizzato per tutta la vita» 

A distanza di quarant’anni, l’autrice spagnola torna al Museo Reina Sofía con un percorso cronologico e tematico che comincia negli anni Settanta, quando iniziò ad esplorare le intersezioni tra arte e tecnologie della comunicazione e della riproduzione delle immagini

A Barcellona audiovisivi, digitale e videogiochi in «un’opera di Land art» | Roberta Bosco

A Barcellona audiovisivi, digitale e videogiochi in «un’opera di Land art» | Roberta Bosco