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La locandina del film

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24 ore nella vita di un museo

Margherita Criscuolo

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La quotidianità del lavoro all'interno di uno dei più importanti musei del mondo, la National Gallery di Londra, è raccontata nell'omonimo film del regista statunitense - Leone d’oro alla carriera all’ultima Mostra cinematografica di Venezia- Frederick Wiseman, in sala per un giorno solo l’11 marzo, distribuito da Nexo Digital e Wonder Pictures.
Il grande schermo avvicina l'arte al mondo, annullando la distanza, fisica e concettuale, con il riguardante e lo si percepisce pienamente quando ci si ritrova a entrare, restando in poltrona, negli ambienti dell’istituzione di Trafalgar Square, così come nel laboratorio di restauro e in quello per non vedenti, nella scuola di nudo, fino all’ufficio dell’allora direttore Nicholas Penny, recentemente sostituito da Gabriele Finaldi.
Un racconto molto «pop» che comunica la National Gallery come fucina di cultura e luogo accessibile e accogliente per chi, anche privo di conoscenze specifiche, abbia il desiderio di fare un viaggio esperienziale, entrando in empatia con i capolavori dei grandi maestri, per ricavarne insegnamenti o ricercarne l'attualità.
Nel corso della narrazione, vengono progressivamente svelate tutte le tessere che compongono il mosaico delle attività promosse dal museo: di queste lo spettatore è reso partecipe grazie all’occhio invisibile della macchina da presa che, dopo aver «ascoltato» le riflessioni dei curatori nel chiassoso allestimento di una mostra, segue in silenzio la ripulitura paziente di un dipinto, diventando testimone privilegiata dei particolari che man mano emergono dalla mano del restauratore. Così come assiste alle visite guidate, sperimentando i diversi registri di linguaggio usati dal cicerone di turno, a seconda del pubblico di riferimento, siano bambini o anziani, scoprendo dettagli, a volte inquietanti, come nel caso dell’anamorfosi del teschio che si cela negli «Ambasciatori» di Holbein il Giovane, riconoscibile solo osservando lateralmente da destra la tavola. E ancora, si stupisce quando la guida spiega il modo con cui George Stubbs dipinse «Whistlejacket» nel 1762, il celebre cavallo da corsa a grandezza naturale, ritratto nella sua perfezione anatomica. Perché non sa che il pittore l’ha studiato da cadavere, dopo averlo appeso al soffitto di una stalla, da cui dipende la sua posizione sospesa.

Dopo averci condotti al cuore dell’opera di Leonardo, Rembrandt, Caravaggio, Turner e Pissarro, Wiseman chiude, spettacolo nello spettacolo, con un balletto classico tra i dipinti del museo, messo in scena per la mostra «Metamorfosi: Tiziano».
Calato il sipario, il prossimo appuntamento del ciclo «La grande arte al cinema» è con Van Gogh il 14 aprile mentre, il 26 maggio, chiudono la stagione gli Impressionisti.

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Margherita Criscuolo, 13 marzo 2015 | © Riproduzione riservata

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