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Francesca Ceccherini
Leggi i suoi articoliVisible: Art as policies for care. Socially engaged Art 2010-ongoing (28 euro, 334 pp.) è un volume transdisciplinare curato da Martina Angelotti, Matteo Lucchetti e Judith Wielander, nato dall’idea di testimoniare e sostenere pratiche che utilizzano l’arte come strumento di intervento sociale finalizzato a elaborare politiche di cura e di attenzione verso le comunità e il proprio ambiente. Pubblicato in inglese nel 2024 da Nero Editions, il libro è un contributo fondamentale al dibattito contemporaneo sull’arte che agisce attraverso un impegno sociale e sulle sue potenzialità trasformative. Nato dall’esperienza curatoriale di Visible project (istituzione nomade sostenuta sin dall’inizio da Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e Fondazione Zegna per documentare il patrimonio e il cambiamento delle pratiche artistiche che operano nel segno della trasformazione sociale responsabile), il volume si presenta come una raccolta di oltre sessanta progetti internazionali realizzati dal 2010 da artisti, educatori, attivisti, curatori e ricercatori, formando una ricchissima mappatura di pratiche e tematiche.
Il periodo preso in esame ha vissuto un’accelerazione notevole nell’ambito della Socially engaged Art, figlia di un’urgenza crescente che ha trovato risposta in molti operatori dell’arte, spesso in dialogo con attori provenienti da altre discipline, al fine di incoraggiare missioni comuni attraverso l’intersezione dei saperi. In questa direzione, artisti e collettivi hanno costruito progetti posizionando politicamente la propria pratica artistica e dando avvio ad azioni in tema di giustizia sociale, inclusione e benessere comunitario: «artisti che hanno utilizzato il proprio ruolo creativo per diventare figure capaci di influenzare il proprio contesto politico locale. Assumendo tali posizioni civiche, gli artisti si prendono cura delle proprie comunità» spiegano i curatori del libro, portando contestualmente l’attenzione anche su una necessaria dematerializzazione dell’opera d’arte a sostegno di una nuova significazione del ruolo che essa assume nel presente, tornando aessere uno «strumento per immaginare futuri possibili».


Il volume riflette anche sull’urgenza di non confinareall’interno di musei o gallerie le pratiche artistiche contemporanee, che anzi devono «espandere il proprio raggio d’azione verso la società più ampia». Tale questione è trattata a più riprese e riattualizzata affrontando anche un problema più ampio nel mondo culturale: l’identità e il ruolo delle istituzioni contemporanee nelle città, nelle comunità, nel dibattito internazionale e nel sostegno economico e infrastrutturale agli artisti. In quanto attivatori di processi sociali, che talvolta si oppongono ai contesti politici vigenti, gli artisti si espongono e a volte si scontrano anche con le istituzioni culturali che dovrebbero accoglierli. Un esempio l’occasionale allontanamento di artisti e ricercatori che si esprimono pubblicamente sulla liberazione della Striscia di Gaza. Il tema del genocidio è stato recentemente affrontato in un confronto tra la giornalista Francesca Albanese con l’artista Eyal Weizman, e della violenza esercitata sui i territori palestinesi; il progetto Dar Jacir a Bethlhem, presentato in questo volume tra i casi di studio, tesse pratiche di cura per la sua comunità e genera un dibattito ideologico nel mondo occidentale. Nella logica di dibattere e raccontare tali questioni e le molte pratiche avviate nel mondo, il libro è arricchito da saggi (Outlooks), interviste (Insights), brevi testi letterari (Stories) e forum (Assembly). Le assemblee svoltesi tra il 2023 e il 2024, presentate nel libro in forma di atti delle conversazioni tra Maria Theresa Alves, Kader Attia, Tania Bruguera, Beatrice Catanzaro, Luigi Coppola, Radha D’Souza R, Daniel Godínez Nivón, Bianca Elzenbaumer, Sandi Hilal, Emily Jacir, Tone Olaf Nielsen, Vida Rucli, Alessandro Petti, Farid Rakun, Dread Scott, Aljaz Skrlep, Jonas Staal, Gediminas Urbonas e Nomeda Urbonas, sono gli spazi per affrontare i temi più spinosi e una chiave decisiva per leggere l’idea di tutto il progetto editoriale. Attraverso questi dialoghi si costruisce una comunità tra le comunità, quella di coloro che lavorano attraverso un’arte basata su un impegno sociale. Tra le questioni discusse: la necessità di contrastare le narrazioni istituzionali, la concezione dell’arte come azione e co-resistenza, la possibilità di costruire sogni collettivi, il ruolo cruciale dell’educazione nella società, la questione dell’autonomia finanziaria, la costruzione di spazi per l’ascolto, la necessità di tessere connessioni translocali, il ripensamento delle metodologie artistiche, l’opportunità di connettere aree marginali, la strumentalizzazione della decolonizzazione come sola etichetta nei programmi museali, la capacità di riconoscere l’ingiustizia sociale ed ecologica e, non ultima, la necessità di praticare strade di riparazione.

Attraverso queste lenti, gli autori accompagnano il lettore su molteplici binari, tra pratica e teoria, dibattiti e nuove idee, discorso accademico e azione artistica, mettendo a fuoco come l’arte possa svolgere, o tornare ad assumere, un ruolo di policies (di politiche di cura) in grado di offrire prospettive, risorse e metodologie alternative di intervento. Il titolo stesso sintetizza l’intento del volume di esplorare in maniera caleidoscopica il potenziale dell’arte nel promuovere modelli di attenzione e riparazione nei confronti di ciò che siamo e che contemporaneamente è altro da noi, di ciò che è umano e non-umano, e che si estende ben oltre la sfera estetica e culturale per abbracciare anche dimensioni di natura etica e talvolta spirituale. In questa direzione la mappatura di studi di casi che il libro riporta viene delineata attraverso traiettorie che restituiscono un universo dell’arte capace di ribellarsi, resistere e rispondere alle politiche distruttive del tecnocapitalismo, del neo-imperialismo e dei partiti di estrema destra. Art as policies for care. Socially engaged Art 2010-ongoing si presenta come un’opera di riferimento per studiosi, artisti, operatori culturali e lettori interessati a esplorare le possibilità trasformative dell’arte. Il volume, prendendo le distanze da visioni unicamente eurocentriche, sembra configurarsi come un archivio di pratiche da studiare, un dibattito a cui partecipare, un manuale di conoscenza e sensibilizzazione al senso di comunità e una finestra per immaginare futuri possibili di co-esistenza.