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Isabella Reale
Leggi i suoi articoliQuarant’anni dopo il terremoto del Friuli, la pala d’altare di Politi torna nella sua Clauzetto grazie all’azione dei social. Dopo la grande mobilitazione di opere d’arte conseguente al terremoto, con il trasferimento di gran parte del patrimonio di proprietà ecclesiastica dalle chiese danneggiate nei centri di raccolta istituiti tra Udine, Tolmezzo e Pordenone, furono i musei a svolgere il ruolo di riferimento territoriale per la conservazione dei reperti.
Nell’area pordenonese, le opere d’arte si concentrarono presso il Museo Civico d’Arte e il Convento di San Francesco di Pordenone, sotto la direzione di Antonio Forniz e Giuseppe Maria Pilo. Tra le tante pale d’altare prese in custodia vi era quella con il «San Giovanni Battista», proveniente dalla Chiesa di San Giacomo di Clauzetto, dipinta da Odorico Politi (Udine, 1785-Venezia, 1846) e da lui donata nel 1824 al suo paese di origine: imponente e monumentale, con il braccio sinistro alzato in atteggiamento oratorio e l’altro reggente l’asta della croce, lo sguardo dritto e fiero, Il Battista è un esplicito omaggio all’omonimo dipinto di Tiziano per la Chiesa di Santa Maria Maggiore a Venezia, trasferito nel 1807 tra le collezioni delle Gallerie dell’Accademia, oggetto di studi e di copie per generazioni di allievi dell’Accademia. Un antesignano di questo revival fu proprio Politi, presto transitato dalla copia dall’antico d’impostazione neoclassica alla riscoperta della tradizione pittorica lagunare e del suo colorismo, una ricerca in virtù della quale sostituì il maestro Matteini alla cattedra di Pittura dell’Accademia veneziana.
La fortuna della pala indusse Politi a riproporre altre due versioni dello stesso soggetto, con minime varianti compositive. Transitata in tempi più recenti tra le collezioni del Museo Diocesano di Pordenone, dopo quarant’anni è stata reclamata dai suoi concittadini. Una petizione partita da Facebook e dai gruppi social di Clauzetto, ha restituito l’opera alla Chiesa di San Giacomo. La memoria del proprio patrimonio culturale è una memoria attiva nei territori della val Cosa e della val d’Arzino, che in occasione dei 40 anni dal terremoto, tra maggio e giugno e a settembre, promuovono itinerari alla scoperta delle architetture spontanee salvaguardate dall’art. 8 della Legge regionale 30 del 1977, borghi immersi in una natura rigogliosa, antiche pievi e sculture e affreschi rinascimentali, da Pilacorte ad Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone. Opere oggetto di restauri lunghi e pazienti custodite in chiese che si rendono, purtroppo solo in tale occasione, fruibili al pubblico con aperture straordinarie.
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