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Micaela Deiana
Leggi i suoi articoliSi apre una nuova stagione per la Fondazione Museo Nivola con un nuovo Cda deciso a superare la crisi che, un anno fa, ha portato il museo sull’orlo della chiusura. Alla guida è Giuliana Altea, professore di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Sassari, fra i più attenti studiosi dell’artista (Orani, 1911-Long Island, Usa 1988), che dichiara di volere una nuova gestione basata su accessibilità, sostenibilità, radicamento al territorio e dialogo con la cultura internazionale. Scopriamo con lei quale sarà il nuovo volto del museo.
La nuova gestione del Museo Nivola sembra decisa a rivoluzionare la filosofia con cui è stato portato avanti il museo fino a un anno fa. Che cosa vi proponete di fare?
Dalla sua nascita, negli anni Novanta, fino all’anno scorso le priorità del Museo Nivola sono state la creazione di sedi espositive e l’incremento delle collezioni, aspetti importantissimi ma che ovviamente non esauriscono i compiti dell’istituzione. Ora il museo dispone di un complesso di spazi molto suggestivi (l’ex lavatoio comunale e il padiglione staccato progettati da Peter Chermayeff e la nuova ala disegnata da Gianfranco Crisci), di un bellissimo parco e della più ampia collezione di opere di Costantino Nivola visibile in Europa. A partire da queste realizzazioni si tratta di fare il resto: trasformare il museo in un centro attivo di cultura, dando avvio a una programmazione espositiva, intrecciando rapporti con la comunità locale e regionale, dialogando con il contesto artistico internazionale. Vogliamo un museo più vicino a Orani e alla Sardegna e al tempo stesso più aperto al mondo; un museo che rispecchi ciò che Costantino Nivola era, un artista fortemente legato alle sue radici ma anche proiettato all’esterno, verso la realtà internazionale.
Interverrete anche sull’esposizione permanente. Quali sono i principi che guideranno il nuovo allestimento?
L’allestimento a cui stiamo lavorando mira a restituire un’immagine complessiva di Nivola: non solo l’autore di pezzi da galleria (le «Madri mediterranee» che in Italia rappresentano il suo volto più conosciuto), ma anche e soprattutto l’artista interessato al rapporto con l’architettura e alla dimensione pubblica, il protagonista del dibattito sulla «sintesi delle arti», il discepolo di Le Corbusier, il collaboratore di Sert, Breuer e Saarinen; e ancora il grafico, il pittore, il designer. Punteremo a contestualizzare la figura di Nivola, la cui vicenda è estremamente importante per la comprensione della sua opera; non vogliamo presentare il suo lavoro unicamente sotto il profilo estetico, ma restituire tutta la ricchezza di rapporti e di occasioni culturali da cui è scaturito. Il museo Nivola è per l’accessibilità, anche per in senso intellettuale: l’obiettivo è creare un allestimento che accompagni discretamente il visitatore, dandogli il necessario supporto informativo (l’idea che «le opere parlano da sole» è un alibi a difesa di una concezione elitaria del museo) senza per questo risultare invadente.
In che modo intendete relazionarvi con il territorio? Mi riferisco sia ad Orani e al nuorese, dove ha sede il museo, sia al ruolo che intendete ricoprire a livello regionale.
Il museo deve diventare per Orani un centro di aggregazione permanente, un luogo di affezione, uno spazio da vivere nella quotidianità e non solo in occasione di eventi. Per questo ci stiamo muovendo a diversi livelli, dalla costruzione di partnership con con enti e agenzie attive sul territorio, come il Parco Geominerario della Sardegna e la Camera di Commercio di Nuoro, ad azioni più piccole, come l’offerta di laboratori didattici gratuiti per i bambini del paese e l’organizzazione di attività destinate ai residenti. Nel Nuorese i nostri interlocutori principali sono gli altri musei e centri d’arte della zona, il Man e il Tribu, con i quali già esistono basi per un’intesa; ma vorremmo iniziare a confrontarci anche con il Museo Etnografico di Nuoro e il Museo delle Maschere di Mamoiada. In Sardegna una cultura del networking è ancora tutta da sviluppare, ed è forse necessaria più che da altre parti a causa della natura stessa del territorio e della frammentazione dell’offerta museale. In questa prospettiva di rete, il ruolo del museo Nivola nel panorama sardo nasce, oltre che dalla sua vocazione di museo monografico, dalla scelta di privilegiare i temi, cari a Costantino Nivola, del rapporto tra arte e architettura, dell’arte pubblica, del design e della sostenibilità ambientale. Crediamo ci sia spazio per sviluppare una proposta originale in armonia con le altre realtà attive nella regione.
In linea con la figura dello stesso Nivola, sardo d’origine ma newyorkese per adozione, vi proponete di avere prospettiva internazionale. Quali collaborazioni sono già state attivate e su quali nuove alleanze state lavorando.
Da questo punto di vista ci aiuta molto l’ampio raggio delle amicizie di Nivola, che era in stretti rapporti con molti personaggi chiave della scena artistica del suo tempo, americana e internazionale. A diversi di questi protagonisti sono state dedicate delle fondazioni che oggi rappresentano per noi gli interlocutori naturali: dalla Fondation Le Corbusier alla De Kooning Foundation di New York, dalla fondazione Steinberg alla fondazione Kiesler di Vienna.
Fra le prime novità c’è un nuovo sito web, estremamente curato sia nella grafica sia nei contributi.
Sì, ci sembrava importante rinnovare, insieme alla filosofia e all’attività del museo, anche la sua immagine. L’abbiamo fatto con l’aiuto dei nostri creative sponsor, Tiscali, che ha realizzato un sito molto elegante e funzionale, e il grafico Paolo Bazzani, che ha disegnato il nuovo logo ispirato alla grafica Olivetti degli anni Cinquanta. Cosa di cui andiamo piuttosto fieri, il sito è in italiano, in inglese e in sardo, in accordo alla triplice identità culturale di Nivola e alla missione del museo.
Qualche anticipazione dei prossimi progetti?
Per il 2015, oltre alla realizzazione del nuovo allestimento della collezione permanente, che sarà pronto prima di settembre, abbiamo in cantiere una serie di mostre. La prima è «Il frutto maturo e la terra indifferente», a cura di Lore Gablier, che ha chiamato sette artisti internazionali a riflettere su temi legati alla visione di Nivola; poi ci sarà una mostra retrospettiva della rivista «E Il Topo», una «rivista d’artista» che nella sua storia, cominciata negli anni Novanta, ha visto la collaborazione di figure come Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, Mark Dion e Iain Baxter, e a fine anno una mostra di design sulla quale non vorrei per il momento dare dei dettagli. A questo si aggiungono due residenze realizzate col sostegno della Fondazione Banco di Sardegna, che porteranno a Orani Philip Topolovac e Sabine Hornig, due artisti interessati, in modo diverso, alla relazione tra scultura e architettura; i loro progetti sviluppati sul territorio verranno presentati in una mostra a cura di Mark Gisbourne. Fuori del museo, nel palazzo del Consiglio regionale di Cagliari, inauguriamo invece il 9 maggio «Biografia di un progetto artistico. Nivola al Palazzo del Consiglio regionale della Sardegna», una mostra che racconta la storia dell’ultima commissione pubblica di Nivola.

Showroom del negozio Olivetti a New York

Il parco della Fondazione Museo Nivola a Orani (Nuoro)

Veduta dell'allestimento del Museo Nivola: il lavatoio
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