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Con Duchamp a New York

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Henri-Pierre Roché, scrittore, mercante d'arte, collezionista e pittore, fu un dandy delle lettere dalla vita avventurosa, maestro della perfezione stilistica, celebrato da François Truffaut, che portò al cinema con grande successo la sua opera prima e seconda, Jules e Jim e Le due inglesi e il continente, entrambe pubblicate nell’età anziana dell’autore che debuttò nel 1953 a settanquattro anni.

Le opere di Roché (e i Taccuini, riferiti al tempo dell’avventura esistenziale trasfigurata nella vicenda della sua opera di esordio) in Italia sono state edite a Adelphi, ma giunge ora opportunamente in libreria per i tipi di Skira un testo incompiuto, Victor, che dà conto della sua lunga relazione di amicizia con Marcel Duchamp, evocato nel personaggio del titolo.

La New York di coloro che fuggivano dall’Europa in fiamme, è quella dell’Armory Show che pone l’avanguardia al centro degli interessi di una città fino a quel momento abbastanza marginale nelle mappe della creazione. In una continua sequenza di party, feste, inaugurazioni, il testimone narra con grazia le avventure del protagonista che vuole sempre offrire da bere tutti, ma non ha un soldo. Per questo due amici, continuamente, gli mettono denaro in tasca, che lui poi prodiga.

Sullo sfondo di una vita vissuta pericolosamente, è evidente una determinazione ferrea, esemplificata nella creazione di riviste e nell’organizzazione di mostre che fanno sensazione. Come quella in cui viene esibito il celebre orinatoio, firmato Mutt, opera capitale del Novecento, alla cui creazione sembra abbia collaborato la fiammeggiante baronessa Elsa Freytag-Loringhoven, maestra della performance estrema e regina dadaista.

Victor (Marcel Duchamp), di Henri-Pierre Roché, prefazione di Jean Clair, traduzione di Luca Lamberti, 94 pp., Skira, Milano 2018, € 13,00

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Redazione GDA, 18 aprile 2018 | © Riproduzione riservata

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Con Duchamp a New York | Redazione GDA

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