«Un tè a Evian» (1787) di Ludwig Guttenbrunn. © Property of a Lady, UK

Image

«Un tè a Evian» (1787) di Ludwig Guttenbrunn. © Property of a Lady, UK

Pranzare da re nella Reggia di Venaria

Duecento dipinti, arredi, servizi di porcellana e d’argento ci invitano a tavola con papi e sovrani

Quante sono le espressioni popolari e i proverbi legati ai re e al mangiare? Da «mangiare da re» a «far colazione come un re, pranzare come un principe e cenare come un povero», al «boccone del re (o della regina)». In realtà «mangiare da re» è sempre stata una faccenda molto seria, come dimostra «Sovrani a tavola. Pranzi imbanditi nelle corti italiane», aperta alla Reggia di Venaria fino al 28 gennaio 2024.

Curata da Andrea Merlotti, direttore del Centro Studi del Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, con la collaborazione delle storiche dell’arte Silvia Ghisotti e Clara Goria, la mostra espone oltre 200 opere tra dipinti, arredi da tavola, servizi di porcellana e d’argento che documentano la storia dei pranzi di papi, principi e re. Il convivio del re è uno dei momenti che l’immaginario collettivo abbina allo splendore della vita di corte e che molti storici hanno descritto per filo e per segno, ma è stato raramente trattato dai pittori.

Già nel Medioevo la tavola regale era considerata uno dei simboli del potere di un monarca e nei banchetti di papi e sovrani delle grandi corti rinascimentali l’Italia espresse la sua magnificenza e la sua superiorità culturale rispetto alle altre Nazioni europee. Un cerimoniale preciso regolava pranzi e cene, nei quali si dovevano esibire sfarzo e decoro. Fra Quattro e Cinquecento i re e i grandi signori amavano mangiare spesso con cortigiani, letterati e artisti, magari discutendo circa la qualità dei cibi.

Nel 1474 il Plàtina, che di corti e banchetti se ne intendeva, fra casa Gonzaga e la corte Vaticana, scrisse una delle prime opere sui piaceri della tavola intitolata De honesta voluptate et valitudine, un trattato di gastronomia nel quale si insegnava anche ad «apparare la tavola». Non sono molte però le testimonianze iconografiche di questi pranzi e dispiace che nessuno abbia fotografato il banchetto che il cuoco del duca di Ferrara, Cristoforo Messiburgo, preparò per don Ippolito d’Este: «tutto ombra, sogno, chimere, fintione, metafora, allegoria».

Gli artisti raffigurarono banchetti di nozze (apoteosi dell’unione di nobili casati), come quelli dei Farnese e dei Medici e di cui a Venaria sono esposti esempi significativi. In epoca seicentesca le monarchie nazionali europee, ma anche i sovrani dei piccoli Stati italiani, scelsero di mangiare quasi sempre a tavola da soli, serviti dai grandi di corte che per questo onore si accapigliavano; musiche composte ad hoc accompagnavano il pranzo; a cortigiani, ambasciatori e alcuni ospiti era concesso il privilegio di assistervi.

Il sovrano, comunque, poteva mangiare anche nelle proprie stanze private, alla sola presenza di coloro che lo servivano e di alcuni, pochissimi intimi a cui il privilegio veniva concesso quasi come la partecipazione a una manifestazione divina. Anche di tali banchetti non si hanno testimonianze pittoriche. Ai Medici, ad esempio, piaceva vedere appese nelle sale da pranzo delle loro residenze nature morte con sterminati campionari di frutti del territorio: un omaggio all’arte ma anche alla botanica, alle scienze e all’agricoltura, che i saggi duchi sapevano essere madre di tutte le cose che giungevano sulle loro tavole.

A corona dei banchetti va ricordato che fin dal Seicento si diffuse in Europa il consumo di bevande esotiche: caffè, cioccolata, tè. Ne derivò l’esigenza di servizi preziosi nei quali servire queste rarità. Ma anche nelle cerimonie private regnava l’eleganza, come testimonia un poco noto dipinto (uno dei pezzi più importanti della mostra) attribuito a Ludwig Guttenbrunn (1750-1819) raffigurante un tea party a Evian-les-Bains nel 1787, una conversation piece fra Carlo Emanuele IV, sua moglie Clotilde di Francia e due lady inglesi con le loro figliole e un bel gatto che aspetta il suo boccone.

Una mostra, dunque, per raccontare le tavole reali nella loro rappresentazione simbolica e nelle loro pratiche quotidiane e per la quale sono state selezionate opere da istituzioni e musei italiani e stranieri. Oltre a dipinti e disegni, sono esposti servizi da tavola, oggetti preziosi, menu e caricature. Un viaggio nella storia e nell’arte, che ha portato a Venaria le principali ex regge della Penisola: dal Quirinale a Caserta e Capodimonte, dai palazzi reali di Firenze, Milano, Napoli e Torino alle residenze parmensi, dal Palazzo Madama di Torino al Castello di Miramare a Trieste.

«Un tè a Evian» (1787) di Ludwig Guttenbrunn. © Property of a Lady, UK

Arabella Cifani, 14 ottobre 2023 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Un volume di Cristina Ruggero getta ora nuova luce con ritrovamenti d’archivio sull’Album di Dresda e sui rapporti dell’architetto con emissari della corte di Augusto il Forte

Nel Palazzo D’Arco di Mantova una mostra celebra Annibale Chieppio, onnipotente segretario ducale e consigliere di Stato dei Gonzaga, e le sue collezioni d’arte

I ritratti del mancato cardinale dipinti da Jacopo e Domenico Tintoretto sono esposti nel Museo di Palazzo Grimani a Venezia

Un capolavoro del paesaggio ottocentesco italiano di Fontanesi suggerisce un parallelo con una celebre pagina di poesia

Pranzare da re nella Reggia di Venaria | Arabella Cifani

Pranzare da re nella Reggia di Venaria | Arabella Cifani