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Una delle fotografie del reportage di Narciso Conterars

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Una delle fotografie del reportage di Narciso Conterars

Tratta di esseri umani, la Libia di Narciso Contreras al Palazzo Reale di Milano

Il reportage è valso al fotografo messicano il Prix Carmignac

Chiara Coronelli

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Milano. Il Prix Carmignac du photojournalisme, lanciato nel 2009 dalla omonima fondazione parigina, si pone come missione quella di promuovere e sostenere progetti fotogiornalistici d’indagine a lungo termine, da realizzare in un’area del mondo, ogni anno diversa, che sia «al centro di conflitti geostrategici, dove i diritti umani e la libertà di parola sono spesso violati». I 50mila euro in palio finanziano il lavoro che viene poi pubblicato in una monografia, e che diventa anche rassegna itinerante. Nel 2015 il compito è andato al messicano Narciso Contreras, vincitore della settima edizione del premio, impegnato in un reportage sul traffico di esseri umani nella Libia postgheddafiana.
La sua ricerca, presentata durante il Visa pour l’Image 2016 ed esposta lo scorso ottobre a Parigi, si può vedere in questi giorni a Palazzo Reale dove fino al 13 maggio è allestita la mostra «Libya: A Human Marketplace», che farà tappa poi alla Saatchi Gallery di Londra (dal 16 maggio al 16 giugno).

Nato nel 1975 a Città del Messico, con alle spalle studi di filosofia e di antropologia visuale, con un passaggio in India dove riprende le comunità religiose, nel corso degli anni si è occupato di numerosi conflitti tra Asia del Sud e Medio Oriente, attraverso Yemen, Birmania, Gaza, Egitto, Siria, Istanbul, fino alle lotte tra fazioni rivali che insanguinano la Libia. È qui che Contreras arriva a documentare una crisi umanitaria che vede affluire in questa terra i rifugiati provenienti da diversi Paesi del continente africano, in fuga da carestie, persecuzioni, terrorismo, mutilazioni. Ben lontano dall’essere l’agognato snodo di transito verso le coste europee, la Libia si rivela terra di nessuno dove ad attendere la marea umana c’è la reclusione nei centri detentivi, in condizioni di vita impietose, e lo sfruttamento e gli abusi da parte delle milizie al soldo delle oltre sessanta tribù che si fanno la guerra da anni.

Nonostante gli ostacoli burocratici e logistici, e grazie a relazioni che Contreras ha saputo coltivare sul campo tra ogni immaginabile difficoltà, l’obiettivo si addentra a riprendere migranti ammassati in terra nel centro di detenzione di Zawiyah, o mentre chiedono di essere liberati da dietro le sbarre; prigionieri con le mani che implorano acqua e cibo attraverso la fessura di una cella, o con il torace scoperto a mostrare i segni del pestaggio subito dalle guardie del centro di Garabuli; malati di mente rinchiusi in isolamento nel centro di Surman, o la disperazione dopo l’arresto sulla spiaggia dell’oasi di Tagiura; fino ai cadaveri depositati nella morgue di Sabha City, raccolti per le strade e nel deserto. Contreras non fa sconti, e racconta una realtà di cui ancora ci sfuggono le dimensioni, dove la tragedia sembra condizione accettabile e quotidiana, unica legge di un mercato che fa degli esseri umani la propria merce.

Una delle fotografie del reportage di Narciso Conterars

Una delle fotografie del reportage di Narciso Conterars

Una delle fotografie del reportage di Narciso Conterars

Chiara Coronelli, 02 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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Tratta di esseri umani, la Libia di Narciso Contreras al Palazzo Reale di Milano | Chiara Coronelli

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