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Parlano i direttori dei venti supermusei: la Reggia di Caserta

Olga Scotto di Vettimo

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Già dirigente al Comune di Bologna, dove ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di capo Dipartimento Economia e promozione della città e di direttore ad interim Settore Marketing urbano e turismo (dal 2011), Mauro Felicori (Bologna, 1952), manager culturale e promotore della candidatura di Bologna a Capitale europea della cultura nel 2000, è il nuovo direttore della Reggia di Caserta, tra i siti italiani più visitati ma meno valorizzati. 

Ritiene che la stampa spesso assai negativa sul territorio abbia potuto penalizzare la Reggia?

È un problema di immagine che investe sia questo straordinario monumento sia la città. Da uomo del Nord, le posso raccontare che cosa si dice dalle mie parti: che si è aperto il Parco per far correre l’onorevole Cosentino, che sono stati concessi alloggi nella Reggia a prezzi di favore, che si fa il bagno nelle fontane. Esiste certamente un accanimento mediatico legato alla vicenda delle Terra dei fuochi. Non si dice, invece, che è una meta facilmente raggiungibile e inserita in un territorio di straordinarie bellezze paesaggistiche e monumentali: dall’anfiteatro di Capua a Sant’Angelo in Formis, da San Leucio alla Valle del Volturno. 

Nel passaggio da un ente locale alla dimensione più complessa di un museo statale quali sono le maggiori difficoltà a cui deve far fronte? 

Il Comune è un’azienda di servizi al cittadino. Il museo che dirigo è un’azienda autonoma. Ritengo che i problemi di efficienza siano quelli di una qualsiasi pubblica amministrazione. La vera differenza è di ordine culturale. Esiste un diverso approccio: contrariamente all’atteggiamento più pragmatico e operativo a cui ero abituato, qui riscontro un approccio più rassegnato. Eppure ho già potuto notare una grande consapevolezza nella cittadinanza delle opportunità che l’autonomia offre.


Che cosa della sua esperienza può confluire nel nuovo incarico?


La mia età professionale mi consente di stabilire la centralità della cura del personale affinché possa essere curato il monumento stesso. Non ritengo che il cambiamento possa essere prodotto da un singolo o da un piccolo gruppo, ma si realizza quando, tutti insieme, gli oltre 200 dipendenti fanno ogni giorno un po’ meglio del precedente. Non credo al manager supereroe giacobino. Per la cura di questo che considero un organismo vivente preferisco l’approccio da giardiniere a quello di ingegnere.

La ristrutturazione degli appartamenti dell’ala fino a poco fa occupata dall’Aeronautica militare consentirà la risistemazione della collezione Terrae Motus.

Il primo giugno inaugureremo la collezione Terrae Motus negli spazi recuperati, che verranno musealizzati. Si tratta di una risistemazione temporanea per la quale ci stiamo già confrontando con gli eredi del gallerista Lucio Amelio (promotore della grande mostra, realizzata nel 1984 a seguito del terremoto a Napoli del 1980 coinvolgendo più di 50 artisti tra cui Tony Cragg, Cucchi, Fabro, Gilbert & George, Andy Warhol, Richard Long, Mapplethorpe, Paladino, Giulio Paolini, Gerhard Richter, Ndr). Il mio approccio pragmatico mi induce a non attendere i lavori di ristrutturazione dell’intera aerea, ma a provvedere da subito al riallestimento della collezione, esposta fino a oggi in locali poco adeguati e poco valorizzata. Quando verrà aperto il cantiere, la collezione viaggerà nelle grandi città europee come una grande mostra. Vorrei, in particolare, che arrivasse a Tokyo, dove c’è stato l’ultimo disastroso terremoto. Sarebbe un’importante occasione per la promozione della Reggia e della Campania. 

Quali sono gli elementi di criticità e i meriti della riforma Franceschini? 

La riforma ha meriti indiscussi e ha innescato un diffuso senso di orgoglio, rinvigorito dalle visite alla Reggia del ministro e del presidente del Consiglio. Certamente l’autonomia contabile e amministrativa richiederebbe il reclutamento di nuovo personale, di altri specialisti, ma è lo stesso Ministero a risentire oggi della scarsità di risorse. L’altro nodo sta nelle gare per l’assegnazione dei servizi aggiuntivi, il cui espletamento prevede comunque una gestione centrale. Restiamo in attesa con un atteggiamento sereno, ottimistico e fiducioso. D’altra parte la riforma è in atto solo dal primo gennaio.

Quali sono i progetti e quali obiettivi si è dato?

Il mio approccio da manager non sarà votato allo spettacolarità e all’«effimero». Mi occuperò del metabolismo di base di questo organismo vivente: le pulizie, la manutenzione straordinaria del parco, la sistemazione dei bagni e delle maniglie delle porte e delle finestre, la fornitura delle divise per i custodi e delle auto elettriche per il parco, attirare congressi internazionali, ospitare cene di gala e riaprire il Teatro di Corte, il Museo dell’Opera e la Quadreria. Cose semplici, che non danno gloria ma rispetto.

Che cosa ama del museo che dirige?

Sono appassionato della Fontana di Diana e Atteone. È da lì che si coglie la grandezza della visione del suo architetto Luigi Vanvitelli, la sua intenzione di ridisegnare il territorio. Ritengo, invece, che la Reggia risenta della forte musealizzazione, che ne ha fatto dimenticare la vocazione originaria. Se non io, chi mi succederà dovrà confrontarsi con questa questione. 

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Olga Scotto di Vettimo, 20 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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