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Il rogo maledetto di Campo dei fiori

Andrea Merlotti

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Breve è l’arco di tempo oggetto di questo libro: il biennio 1888-89 e i decenni immediatamente precedenti e successivi, per descrivere la storia di un monumento, non fra i più eccelsi di Roma, ma sicuramente fra quelli più evocativi e popolari. Lontani sono i tempi in cui un professore universitario di filosofia, divenuto poi noto per i suoi trascorsi nel socialismo italiano, Antonio Labriola, poteva riuscire, grazie al suo prestigio, a raccogliere consenso e finanziamenti per recare omaggio concreto alla libertà di pensiero rappresentata da Giordano Bruno, il frate che, perseguitato come apostata e condannato come eretico dalla Chiesa, fu arso vivo, il 17 febbraio 1600, in Campo dei Fiori. Realizzando questo progetto, l’Italia liberale e laica rompeva le catene del suo provincialismo per guadagnarsi le sottoscrizioni di personaggi quali Ernest Renan, Henrik Ibsen, Victor Hugo, Walt Whitman, che avevano accettato di prender parte al Comitato d’onore per la costruzione del monumento. Da vessillo di un gruppo di studenti romani, che nel 1876 avevano raccolto l’idea da un esule della Comune di Parigi, tale Armand Lévy, la memoria di Bruno s’era arenata fra i contrasti ideologici dell’Italia appena unificata, fino a quando, sotto il governo Crispi e con una maggioranza liberale in Campidoglio a Roma, le condizioni furono mature. E allora intorno al monumento vi fu un profluvio di commedie teatrali, libri e libelli, saggi, articoli di giornale e biografie. Ma la raffigurazione di Bruno, come forse era inevitabile che fosse per il Dna italiano, aveva dovuto scendere a compromessi: finendo per ergersi non tanto come un profeta-predicatore dai gesti impetuosi, bensì come un monaco, filosofo e riflessivo.

Campo dei Fiori. Storia di un monumento maledetto
di Massimo Bucciantini
391 pp.
Einaudi Editore, Torino 2015
€ 32,00

Andrea Merlotti, 10 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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