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Antonello in viaggio perpetuo

Silvia Mazza

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Manca il presupposto scientifico alla mostra dell’«Annunciazione»: 40 km bastano a produrre danni

Una mostra (tre opere in tutto) sul Rinascimento ma ideata e curata da un’archeologa, che trasferisce, dal museo d’arte che lo custodisce a un archeologico ad appena 40 km, un dipinto non solo caratterizzante l’identità del museo di provenienza, che ne viene privato in piena stagione turistica senza contropartita, ma inserito pure tra i 23 beni identitari dell’intera Regione siciliana; un’opera dall’estrema delicatezza conservativa spostata per un progetto culturale assai debole e in obbedienza a pretese campanilistiche del territorio che se fossero ascoltate anche altrove, in nome di una restituzione ai contesti per cui le opere furono realizzate, si potrebbero svuotare (seppur temporaneamente) i musei di mezzo Paese. 

Tutto ciò accade a Palazzolo Acreide, dove al Museo Archeologico Iudica, dal 17 agosto al 16 ottobre è stato trasferito dal Bellomo di Siracusa uno dei capolavori di Antonello da Messina, l’«Annunciazione», realizzata nel 1474 per la chiesa dell’Annunziata nella stessa Palazzolo, dove rimase fino al suo trasferimento nel 1907 al Museo Archeologico di Siracusa, per poi passare dal 1940 al Bellomo. La mostra intende istituire un confronto con due statue di «Madonna col Bambino» di Francesco Laurana, una da una chiesa dello stesso paese, l’altra da Noto. Come si legge anche dalla brochure (non è previsto un catalogo), all’archeologa Rosalba Panvini, soprintendente di Siracusa, s’intesta non solo la curatela, ma anche l’ideazione della mostra. È vero che a quest’ultima voce troviamo associato il nome di Gioacchino Barbera, già direttore di Palazzo Abatellis a Palermo, in pensione dai primi di luglio, ma nessuno scritto o scheda porta la sua firma e a noi ha preferito non rilasciare dichiarazione.

Il trasferimento del capolavoro antonellesco, autorizzato dall’assessore Beni culturali Carlo Vermiglio, senza dotarsi di un parere del direttore del museo, è un progetto che nulla aggiunge agli studi scientifici, a cui è ampiamente noto il confronto tra Laurana e Antonello; che elude sia il Codice dei Beni culturali (art. 64, che vieta l’uscita dei beni quando costituiscono il fondo principale di un museo), sia il Decreto regionale 1771 del 2013, che, sebbene si riferisca all’uscita dal territorio siciliano dei beni, impone di valutare la rilevanza culturale degli eventi o i rischi di danni nel trasporto. Per Roberto Ciabattoni, che ha effettuato indagini diagnostiche in occasione dell’ultimo restauro Iscr (2007-08) ed è un’autorità in materia di sistemi innovativi per la movimentazione e trasporto delle opere (suoi quelli per il Satiro e i Bronzi di Riace) «la particolarità dal punto di vista conservativo di questo dipinto, in origine un olio su tavola di noce staccato e riposizionato su doppia tela nel 1907 da Luigi Cavenaghi, sta proprio in questo sistema che se stabilizza di più il dipinto, crea altri problemi sul fronte del suo equilibrio meccanico». L’opera continuò a manifestare problemi di stabilità anche dopo i successivi interventi, fino all’ultimo di Giuseppe Basile. Insomma, Ciabattoni si sente di poterne «sconsigliare la movimentazione», indipendentemente che si tratti di uscire dalla regione o di muoversi soltanto di 40 km come in questo caso, perché «il momento più critico, ci spiega, è quello del cambio di ambiente, quando viene meno la stabilità microclimatica».

Silvia Mazza, 10 settembre 2016 | © Riproduzione riservata

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