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Un futuro artigeniale

«I mestieri d’arte rappresentano un immenso patrimonio culturale, una preziosa eredità che non può andare persa: parlano dei nostri territori, della nostra storia e della nostra identità. Si tratta di un capitale intangibile e non rigenerabile»

Cristina Valota

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Già fondatore e direttore del magazine internazionale «Cartier Art», attuale direttore editoriale della rivista «Mestieri d’Arte & Design» e «Arts & Crafts & Design», nel 1995 a Milano Franco Cologni (classe 1934) ha dato vita alla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che ha lo scopo di salvaguardare e promuovere il patrimonio culturale, sociale ed economico rappresentato dal lavoro dei Maestri d’arte e di valorizzare il dialogo tra l’alto artigianato e il design. Presidente onorario di Richemont Italia Spa, con Johann Rupert, presidente della Compagnie Financière Richemont SA, ha anche fondato la Michelangelo Foundation for Creativity and Crafstmanship di Ginevra, che mira alla valorizzazione della creatività e dei mestieri d’arte a livello internazionale. 

La Fondazione che lei presiede mira a un «nuovo Rinascimento». Che cosa intendete con questa espressione?
Una delle figure che mi ha sempre affascinato e ispirato è quella di Benvenuto Cellini, vero maestro d’arte e interprete del saper fare italiano. La saliera creata per Francesco I di Francia è diventata il simbolo della mia Fondazione e vi sono affezionato perché è l’espressione di quella maestria artigianale dalle radici antiche. Quando parlo di «nuovo Rinascimento» intendo un ritorno alle origini, alla bottega rinascimentale. Come il talento orafo di Cellini non può essere staccato dalla sua formazione, così i mestieri artigianali oggi hanno bisogno di ritornare a quella dimensione di bottega rinascimentale in cui l’allievo non riceveva solo una formazione manuale, ma culturale a tutto tondo. Imparava a «fare di conto», a riconoscere le proprietà dei materiali e viveva in un ambiente stimolante e culturalmente creativo. Ma non solo. «Nuovo Rinascimento» è anche una nuova rinascita, un nuovo corso che già si intravede e che mi auguro continuerà a far vivere i mestieri artigianali. Solo una riscoperta da parte dei giovani e del grande pubblico del valore storico, identitario ed economico dell’artigianato può essere motivo di nuova consapevolezza e vera rinascita.

In un’epoca digitale come la nostra, i mestieri d’arte hanno ancora senso?
I mestieri d’arte rappresentano un immenso patrimonio culturale, una preziosissima eredità che non può andare persa: parlano dei nostri territori, della nostra storia e della nostra identità. Si tratta di un capitale intangibile e non rigenerabile.
Gli stravolgimenti che le nuove tecnologie hanno apportato nel mondo della manifattura e della comunicazione non sono da intendersi come sostituti della tradizione, bensì come strumenti utili a perseguire l’innovazione in più ambiti, soprattutto in quelli più antichi come l’artigianato d’eccellenza. D’altronde, la tradizione consiste proprio in questo, in una serie di innovazioni che col passare del tempo convergono a creare un saper fare ampio e consolidato. Essendo depositari di cultura, i mestieri d’arte sono in grado di trasmettere significati profondi. In un’epoca in cui tutto tende a diventare astratto, omologato e superficiale, essi rivivono di nuovo fascino in quanto massima espressione estetica della materia e della creatività.

In che cosa consiste, a livello pratico, questa promozione dei mestieri d’arte?
La Fondazione Cologni valorizza l’artigianato artistico d’eccellenza attraverso diverse azioni. Con due collane edite da Marsilio Editori, si propone di ricostruire storicamente la realtà di queste attività di eccellenza fino ai giorni nostri, guardando alla grande tradizione del saper fare italiano. Nella collana «Mestieri d’Arte» tra le ultime pubblicazioni Il cuoco universale affronta le tendenze più significative della cucina contemporanea; In opera è dedicato al restauro dell’arte contemporanea; Il Bel Mestiere è un viaggio attraverso i mestieri che si celano dietro le quinte del teatro dell’opera. Nella collana «Ricerche» vengono pubblicati studi sull’artigianato artistico condotti con diversi enti di ricerca e Università come Costruttori di valore sull’artigianato come fattore decisivo per la crescita del pil e Il valore del mestiere, una riflessione sugli elementi che compongono l’eccellenza artigiana. Con Carthusia la Fondazione pubblica la collana per bambini «Storietalentuose», nata per far conoscere e amare ai giovanissimi le professioni della grande tradizione artigiana italiana. Con il Gruppo Swan ha ideato e realizza il magazine «Mestieri d’Arte & Design». Con il progetto «Una scuola, un lavoro. Percorsi di eccellenza» sostiene fattivamente la formazione dei giovani nell’alto artigianato e il loro inserimento nel mondo del lavoro. Durante il Salone del Mobile 2017 organizza, insieme a «Living» del «Corriere della Sera» e Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, la mostra «Doppia Firma. Dialoghi tra pensiero progettuale e alto artigianato» che unisce la visione innovativa di 15 designer al talento manuale di 15 artigiani. La Fondazione, inoltre, è protagonista nella realizzazione di portali dedicati all’artigianato artistico come italia-sumisura.it e well-made.it.

In questi ultimi anni si è assistito a un forte interesse, anche dal punto di vista del mercato, nei confronti del design, settore nel quale l’Italia ha fatto scuola. Come lo spiega?
Negli anni Sessanta il design ha iniziato a essere un fattore determinante per la produzione industriale, in grado di aumentare considerevolmente le vendite di un prodotto e accrescere l’immagine di un’azienda. L’Italia ha saputo imporsi in questo contesto grazie alla creatività dei modellisti e dei maestri artigiani, come Giovanni Sacchi, che hanno dialogato con grandi progettisti dando vita a prodotti divenuti poi iconici in tutto il mondo. Negli ultimi decenni il design ha saputo trasformarsi, diventando democratico e più accessibile; questo ne spiega la grande risonanza mediatica. Oggi tuttavia assistiamo a una sovraesposizione del design: il suo potenziale innovativo non è dirompente come una volta, il suo impiego è ormai convenzionale e i suoi risultati appaiono spesso banali, talvolta addirittura kitsch. Di fronte a nuove esigenze di originalità e autenticità l’industria, in particolare quella del lusso, e il design in generale hanno ricominciato a guardare con interesse al mondo dell’artigianato. Sempre più giovani designer italiani e stranieri trovano nell’autoproduzione e nella collaborazione con maestri artigiani la loro realizzazione creativa e il loro successo.

Crede che le professioni legate ai mestieri d’arte avranno ancora un futuro?
Sono sempre stato convinto che sapere e saper fare rappresentino i valori fondamentali del lusso, il cui futuro è indissolubilmente legato a quello dei mestieri d’arte. Per questo motivo nel 1995 ho dato vita alla Fondazione Cologni, per preservare il ricco patrimonio che sta alla base di una manifattura d’eccellenza. Si tratta di una missione non semplice che richiede un forte impegno, soprattutto in Italia dove il sostegno politico a livello nazionale è carente. Ma negli ultimi anni stiamo assistendo a un nuovo splendore dei mestieri d’arte e a una nuova attenzione nei loro confronti. Perfino i maestri più tradizionalisti stanno iniziando a prendere confidenza con le nuove tecnologie e questo approccio sta dando origine a soluzioni sorprendentemente innovative. Sono sicuro che i nuovi strumenti a disposizione porteranno maggiore visibilità e crescita economica a questo settore.

A livello politico e istituzionale c’è un sostegno verso i mestieri d’arte?
Questo è un punto dolente. Purtroppo i nostri legislatori e politici non riescono ancora a comprendere la natura specificatamente unica dei mestieri d’arte e del comparto dell’artigianato artistico in generale. Finché non saranno chiare a tutti le potenzialità del nostro migliore artigianato, purtroppo, temo che non verrà fatto abbastanza per preservare questi mestieri, spesso addirittura a rischio d’estinzione per mancanza di ricambio generazionale, per un sistema fiscale che non agevola la piccola impresa e  per una politica che non ha mai all’ordine del giorno un disegno di investimento lungimirante su questo settore. Sarebbe utile che le istituzioni lavorassero in concerto con gli enti locali e con le realtà vocate all’artigianato artistico per trasmettere al pubblico l’importanza e la bellezza di questi mestieri, per coinvolgere e far innamorare soprattutto i giovani. Ma innanzitutto sarebbe necessario un riconoscimento ufficiale del settore dell’artigianato artistico, spesso confuso a livello normativo con professioni che di artistico non hanno nulla. Inoltre sarebbe utile conoscere e celebrare i nostri maestri d’arte, veri tesori viventi d’Italia. La Fondazione che presiedo, nel suo piccolo, ha indetto nel 2016 un riconoscimento biennale chiamato Mam, Maestro d’Arte e Mestiere.

Ritiene che i mestieri d’arte, in Italia, siano trascurati dalle Accademie di Belle Arti e dalla didattica artistica?
Non conosco nello specifico l’offerta formativa delle Accademie di Belle Arti, per cui non so quante ore di laboratorio vengano destinate agli insegnamenti afferenti all’artigianato artistico. So tuttavia che molti ragazzi che escono dalle Accademie scelgono una strada legata all’artigianato, a volte nelle sue declinazioni più contemporanee, e vicine ai nuovi mestieri artigiani del digitale: evidentemente le conoscenze acquisite nelle Accademie di Belle Arti possono costituire terreno fertile su cui impiantare e coltivare altre competenze in settori affini. Non dimentichiamo che presso le Scuole di Restauro delle Accademie si forma una delle più importanti figure professionali del mestiere d’arte made in Italy: quella del restauratore.

«Artigianato» e «manualità» sono concetti dai quali gli «attori» del mondo dell’arte, per primi gli artisti, tengono molto a prendere le distanze. Che cosa ne pensa?
Purtroppo con la tendenza all’astrazione dall’aspetto manuale, a mio parere, si perde l’occasione di aumentare il valore della creazione artistica. La conoscenza della materia anche attraverso lo studio scientifico delle sue componenti unita alla percezione manuale che si ha durante le fasi di lavorazione credo costituiscano un arricchimento per un artista. Penso a molta arte contemporanea e ai nuovi materiali plastici e organici che vengono usati. Un’ignoranza del materiale, dei suoi processi e di come lavorarlo possono portare nel tempo a effetti disastrosi sull’opera stessa.

Tra i mestieri d’arte uno dei più illustri è quello legato alla grafica, alla stampa e all’editoria di pregio, settori trascurati in Italia, Paese in cui le stamperie d’arte sono costrette alla chiusura. Quale attenzione prestate a questo versante?
In questi anni, la Fondazione Cologni ha coinvolto diversi maestri stampatori nei propri progetti. Essendo una Fondazione «ecumenica», non dedichiamo più attenzione a un settore rispetto a un altro, anche se ho sempre avuto un interesse personale per stampa ed editoria di pregio. Non bisogna però rimanere ancorati al passato, ripetendo sempre gli stessi gesti. Un’editoria tradizionale può e deve sopravvivere grazie alla contaminazione con settori diversi: oltre alla fratellanza naturale con il campo dell’arte, abbiamo visto diversi stampatori produrre bellissime serie utilizzando il lavoro di illustratori o reinventando preziosi ex libris, cuciti sulla personalità del cliente. La via giusta è a mio parere proprio questa: quella della qualità assoluta, del prodotto esclusivo.

Nel suo percorso professionale ha svolto un ruolo fondamentale l’editoria che, attualmente, sta vivendo un momento difficile. La carta soccomberà al digitale, soprattutto in un Paese come il nostro, agli ultimi posti come numero di lettori e a rischio di analfabetismo?
L’editoria in generale sta subendo un periodo di turbolenze e transizioni. Non incolperei la dirompente diffusione del digitale per questo: i non lettori non fanno differenza di genere, chi non legge sulla carta, non legge neanche il digitale. Non credo che il medium della carta potrà mai essere rimpiazzato. In questa guerra di contrapposizione, prevedo si arriverà a un’auspicabile coesistenza pacifica.

Cristina Valota, 10 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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