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Ritts e il lato nascosto

Chiara Coronelli

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L’esordio è noto: nel 1978 nel deserto californiano di San Bernardino, fermo in una stazione di servizio per una gomma a terra, scatta una serie di ritratti all’amico che viaggia con lui. Nessuno dei due è ancora quello che sarebbe diventato, Richard Gere non è ancora una star, Herb Ritts non sa nemmeno di voler essere un fotografo: eppure nell’immagine dell’attore ripreso a figura intera e dal basso, sullo sfondo di un cielo bianco, con le mani dietro alla testa, ci sono già tutti gli elementi della fotografia di Ritts. Ci sono il sole della California e i suoi spazi aperti, la natura e la sensualità del corpo, la forza e la fragilità dell’individuo, e soprattutto ci sono il controllo e la misura di quegli ingredienti.

Si intitola proprio «Herb Ritts. In equilibrio» la rassegna a cura di Alessandra Mauro, in corso fino al 5 giugno al Palazzo della Ragione (catalogo Contrasto-GAmm Giunti). Dell’artista di Los Angeles, scomparso nel 2002 a soli cinquant’anni, sono esposte cento stampe originali, compresi alcuni inediti, installazioni video e filmati dei backstage, tutto proveniente dall’Herb Ritts Foundation. Gli piaceva il fatto di non avere frequentato una scuola di fotografia, «la cosa più importante che ho imparato è stata affilare il mio occhio», un occhio addestrato dallo studio dell’arte, e che si impadronisce dell’obiettivo con fiuto istintivo. Ritts è tra gli artefici dell’immaginario degli anni Ottanta e Novanta, quando il fashion system sostituisce le top model alle stelle hollywoodiane, mentre i personaggi diventano icone attraverso la fotografia e l’erotismo si gioca sull’ambiguità di maschile e femminile.

Ma il glamour non basta a spiegare il lavoro di Ritts. Non ci sono solo servizi per le più importanti testate del mondo, figure scolpite dalla luce, miti come Madonna e David Bowie, e superfici trattate come tessuti, dalla pelle alla sabbia agli abiti. A lui interessa anche quello che accade dopo il lavoro ufficiale, l’intimità che si crea con il soggetto, il suo lato meno esposto: Liz Taylor che si lascia fotografare con il cranio deturpato dalla cicatrice, Jack Nicholson deformato dalla lente, «Stephanie, Cindy, Christy, Tatjana, Naomi» sedute a terra, strette una all’altra quasi a proteggersi. La retrospettiva abbraccia tutti i temi, dal ritratto alla moda al nudo al paesaggio africano, mettendo a fuoco un’idea di armonia che vive tanto di perfezione formale, quanto della sua vulnerabilità nascosta. 

Chiara Coronelli, 10 marzo 2016 | © Riproduzione riservata

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Ritts e il lato nascosto | Chiara Coronelli

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