Per inseguire la sua passione per la fotografia, Paolo Monti (1908-82) lasciò un solido ruolo di dirigente d’industria. Ci vide lungo perché non solo diventò uno dei protagonisti della fotografia italiana del Novecento, ma anche un attivissimo critico e curatore.

Fino al 12 marzo Milano gli rende omaggio con una mostra nell’Antico Ospedale Spagnolo nel Castello Sforzesco (catalogo Silvana). A curarla sono Pierangelo Cavanna e Silvia Paoli, responsabile del Civico Archivio Fotografico dove la Beic-Fondazione Biblioteca Europea di Informazione e Cultura ha depositato l’Archivio Monti (240mila tra fotografie, documenti, libri) di cui è proprietaria e di cui ha avviato l’informatizzazione. Appassionato di fotografia sin dagli anni Venti, fu nel dopoguerra che Monti diventò «professionista», frequentando a Venezia il gruppo con cui avrebbe fondato il Circolo fotografico «La Gondola». Fu però a Milano, dove si stabilì nel 1953, che si impose a livello internazionale, lavorando per le Triennali, per i musei del Castello Sforzesco, per gli architetti del tempo, da Bbpr ad Albini, Gio Ponti, Carlo Scarpa, e per edizioni monumentali come la Storia della letteratura italiana di Emilio Cecchi e Natalino Sapegno (Garzanti).

Accanto a questi impegni coltivò sempre anche la fotografia sperimentale d’arte, in un continuo scambio con gli artisti amici (Fontana, Baj, Crippa, Dova, Capogrossi, Giò Pomodoro) da lui ritratti, al pari delle loro opere. Le 200 fotografie originali dal 1935 al 1982 sono affiancate da riviste, libri, documenti e filmati, danno conto di ogni aspetto del suo lavoro. Nella foto, la pubblicità per la Società Sandoz.