Nudi e algoritmi

Il vero, l’artificiale e la censura di Facebook

Flaminio Gualdoni |

Sono un tremila anni che ci proviamo, e poi arrivano quattro ragazzotti dell’ufficio censura di Facebook (si chiama diverso, ma è quella roba lì) e ci spiegano come fare. Dunque, tutto semplice: la nudità «depicted in art» si può, ma la «digitally created nudity or sexual activity» no, ma forse sì, a patto che «only contours [are] visible» e genitali, capezzoli e chiappe siano «not sufficiently detailed».

Sembra semplice, ma il tutto è condito da un simpatico clima di politicamente corretto per cui ogni raffigurazione, depicted o no, di roba perversa o di bambini non passa a prescindere: quindi niente Pasifae, Europa e Leda le zoofile, niente Pigmalione che vuole accoppiarsi con la statua, niente ratto delle Sabine e stupri vari, da Egina a Rea Silvia, niente Alessandro Magno che regala la sua morosa ad Apelle e nemmeno quel simpatico «cuckold» di Candaule che esibisce la moglie ignuda a
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