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Medardo performer della scultura

Una retrospettiva conferma l’interesse internazionale per Rosso. Secondo la curatrice Sharon Hecker «la sua idea di dematerializzare la scultura diventa un tema chiave nell’arte del XX secolo»

Dall’11 novembre al 13 maggio 2017 la Pulitzer Arts Foundation di St. Louis (Usa) ospita la mostra «Medardo Rosso: Experiments in Light and Form». Curata da Sharon Hecker, studiosa di Medardo Rosso, e da Tamara H. Schenkenberg, curatrice associata della Pulitzer Arts Foundation, la rassegna, che non prevede altre tappe, riunisce 30 sculture, in gran parte mai esposte prima negli Stati Uniti, 30 disegni e 40 fotografie di  uno dei padri della scultura moderna internazionale (Torino, 1858 - Milano, 1928), che attraverso i suoi metodi innovativi ha influenzato i più importanti artisti del XX secolo, da Rodin a Picasso, da Brancusi a Boccioni. Ne abbiamo parlato con Sharon Hecker.

Questa è la più completa mostra di Medardo Rosso organizzata in un museo americano: perché adesso? Il messaggio artistico di Medardo Rosso è davvero ancora attuale all’interno di un panorama internazionale caratterizzato da artisti e da opere basate sulla spettacolarità?
Sebbene questa sia la più grande e più completa mostra dedicata a Medardo Rosso in un museo americano, non è la prima. Ce ne sono state delle altre, in particolare una al Museum of Modern Art (MoMA) nel 1963 e una più piccola, curata da me, insieme a Harry Cooper, nel 2003-04 al Sackler Museum dell’Harvard University (la mostra ha viaggiato al St. Louis Art Museum e al Nasher Sculpture Center). E questa mostra prende le mosse da una monografica che si è tenuta al Center for Italian Modern Art (Cima) di New York nel 2014-15. Ci sono alcune ragioni per le quali questo è davvero un buon momento per uno sguardo nuovo e profondo su Rosso. Una è che, nonostante la sua radicalità, Rosso è poco conosciuto dal pubblico e poco studiato dagli storici dell’arte americani, anche se io mi occupo di lui da più di vent’anni. Un’eccezione sono gli artisti. Rosso per molti versi è un «artist’s artist», e molti contemporanei oggi lo stanno guardando con interesse. Infine, la sua opera fornisce un obiettivo attraverso il quale possiamo acquisire una nuova visione della nascita della scultura moderna. Il messaggio di Rosso è attualissimo. Guardando le sue sculture possiamo vedere la sua mano: a volte letteralmente, nella forma di un’impronta catturata nel modello originale in creta, altre nell’elaborazione delle sue idee sulla luce e sull’atmosfera attraverso la modalità con cui modellava e anche come fondeva in gesso, cera, e bronzo. Lo si vede in una prima fase attraverso i modelli e poi nell’intervento  manuale durante il processo di fusione. C’è senz’altro un aspetto performativo in tutto questo. Inoltre, Rosso invitava degli ospiti a vederlo fondere, creando una specie di «performance» dal vivo. Quindi sì, direi che è certamente rilevante nel contesto artistico internazionale di oggi.

Il pubblico americano come accoglierà questa mostra?
Crediamo che sarà una rivelazione. L’opera di Rosso è così innovativa... L’idea di dematerializzare la scultura (forse la più materiale di tutte le arti visive) è in sé straordinaria e diventa un tema chiave nell’arte del XX secolo. È una domanda che stanno affrontando ancora oggi gli artisti. Se si aggiungono altre sue innovazioni, come il fatto di lasciare delle tracce del processo di fusione che normalmente vengono ripulite, e i modi in cui Rosso ha continuamente ripensato le forme delle sue opere in fusioni diverse dello stesso soggetto, penso che la visita della mostra si rivelerà un’esperienza molto ricca. Un altro aspetto molto interessante dell’opera di Rosso è come ha dato alle sue sculture molto piccole un senso d’intimità, in cui le figure sembrano esistere in uno spazio privato al quale lo spettatore non può accedere, così che i soggetti sembrano allo stesso tempo vicini e alienati. Questo è stato molto radicale, completamente contrario alla natura della scultura tradizionale della sua epoca.

La mostra, contrariamente a quelle solitamente dedicate a Medardo, presenta esclusivamente sue opere e non include lavori di artisti che furono in rapporto con lui e da lui influenzati, come Rodin, Picasso, Brancusi, Matisse, Boccioni. Perché questa scelta?
Questa è stata una scelta curatoriale cosciente. Dato che Rosso è relativamente poco conosciuto, Tamara ed io abbiamo pensato che fosse importante far vedere il più possibile del suo lavoro, in modo che il pubblico possa capire che cosa stava facendo e vederlo in una nuova luce.

Gli spazi della Pulitzer Arts Foundation, disegnati da Tadao Ando nel 2001, sembrano la sede ideale per l’esposizione di opere che richiedono determinate condizioni luminose per una lettura che consenta allo spettatore di cogliere la fusione tra materia e atmosfera propria delle sculture di Medardo. In fase di allestimento, come avete tenuto conto di queste esigenze?
Ha ragione, Rosso e Ando sono un «match» perfetto. Pensando all’allestimento, ci è diventato chiaro quali opere saranno viste meglio nella luce naturale. Quelle sono state installate in gallerie che, grazie al disegno di Tadao Ando, sono soffuse della luce e dell’ombra abbondanti ed eloquenti che caratterizzano questo meraviglioso edificio. Non ci sarà luce artificiale in queste gallerie; le opere saranno viste in condizioni atmosferiche naturali che cambiano durante l’arco della giornata e secondo il tempo e le stagioni. Devo dire che siamo anche molto contente del fatto che, a nostra conoscenza, questa sia la prima mostra che colloca la scultura dell’Ottocento in uno spazio contemporaneo. È un dialogo che dà un senso poetico diverso alle opere.

In una della gallerie del piano inferiore viene esposta un’unica opera che richiede la partecipazione attiva del visitatore: può spiegare meglio in che cosa consiste?
Rosso ha lavorato non solo con la luce naturale ma anche, quando è stata inventata alla fine dell’Ottocento, con quella artificiale. Questa è stata una rivoluzione per i tempi e volevamo far vedere come non solo i pittori ma anche gli scultori come Rosso prendessero in considerazione questa novità tecnologica e l’avessero integrata nei loro modi di pensare e fare l’arte. Volevamo dimostrare che le sue idee sulla scultura e sulla luce non furono create dal nulla. Una galleria conterrà un’opera singola, e i visitatori alla Pulitzer Foundation potranno manipolare personalmente la luce usando un dispositivo portatile. Così il pubblico riesce a vedere come la luce cambia la nostra percezione della scultura, come può creare stati d’animo e atmosfere emotive diverse e, più importante, quanto sia difficile illuminare la scultura. Speriamo che questo stimoli nuovi modi di pensare al lavoro di altri scultori e alla relazione delle loro opere con la luce.

Da dove provengono le opere esposte? Ci sono opere che non siete riusciti a ottenere? Quali?
Le opere provengono da numerose collezioni internazionali, prevalentemente pubbliche, in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti e altrove. Alcune, come l’«Ecce puer» e «Madame Noblet», entrambe dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, e versioni di «Femme à la voilette» del Museum Boijmans van Beuningen di Rotterdam e del Musée des Beaux-Arts di Lione, erano troppo fragili per viaggiare.

Di quale prestito, invece, siete particolarmente orgogliosi?
Domanda difficile. A mio parere, i prestiti italiani sono straordinari. Un’opera di cui siamo particolarmente fieri è la scultura intitolata «L’enfant au sein», che non ha mai lasciato la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Altre opere sono «Madame X», unica e mai ripresa in altre fusioni e il meraviglioso ritratto della cantante francese Yvette Guilbert, entrambi da Ca’ Pesaro a Venezia, come i magnifici bronzi provenienti da Palazzo Pitti di Firenze e dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano. I musei italiani sono stati generosissimi. Tutte queste opere hanno viaggiato molto raramente.

Sono esposte, oltre alle sculture e ai disegni, anche una quarantina di fotografie. Come viene evidenziato il rapporto tra fotografia e scultura?
Integriamo il più possibile le fotografie e le sculture. Questo permette di vedere come Rosso fotografava sotto condizioni di luce varie, con vari modi di mettere la scultura a fuoco o di sfocarla, e da vari punti di vista. Cosi lo spettatore può cominciare a vedere quanto Rosso sperimentasse, e come le informazioni visive che riceveva dalle fotografie informassero le esperienze visive delle sue sculture. Ci sono anche le sue strane e originali manipolazioni delle fotografie dopo la stampa, quando tagliava, rigava, disegnava, colorava, grattava e incollava: tutte cose molto avanti per il suo tempo.

Questa mostra ha consentito di fare passi in avanti negli studi sull’opera di Medardo Rosso?
Speriamo che con così tanti lavori realizzati in così tanti media, l’opera rivelerà molte nuove cose, aprendo nuove strade di ricerca. Stiamo anche incoraggiando nuove indagini su Rosso attraverso una giornata di studio e un catalogo scritto da studiosi.

La mostra è accompagnata da due volumi: uno di tipo divulgativo, mentre il secondo, più scientifico, conterrà studi su Medardo e sarà pronto il prossimo autunno. Può anticipare qualcosa?
Il catalogo scientifico, che sarà pronto l’anno prossimo, offrirà uno studio esteso di Rosso e delle sue opere, con nuove idee e nuovi temi messi in un contesto storico e intellettuale ampio. Oltre al mio saggio e a quello di Tamara, siamo molto contenti di avere i contributi di Matthew S. Witkovsky, Richard and Ellen Sandor Chair e curator del Dipartimento di Fotografia dell’Art Institute of Chicago, e Jodi Hauptman, senior curator del Dipartimento dei Disegni e delle Stampe del MoMA di New York. Entrambi offriranno studi su Rosso nel contesto più grande della fotografia e del disegno, rispettivamente. Il catalogo fornirà una nuova visione che andrà oltre la prospettiva biografica che è stata tipica degli studi di Rosso fino ad ora. Da un lato vorremmo evidenziare le sue idee rivoluzionarie, dall’altro vorremmo che venisse visto come uomo del suo tempo, una persona che ha vissuto durante uno dei periodo più importanti ed emozionanti della storia dell’arte.

Esiste negli Stati Uniti un mercato per le opere di Medardo Rosso?
Sì. Ci sono numerose opere di Rosso in collezioni private americane e nei musei americani, e c’è un interesse crescente per il suo lavoro a livello istituzionale.

Cristina Valota, 05 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Medardo performer della scultura | Cristina Valota

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