Le percezioni dissonanti di Rodolfo Aricò
Opere anni Sessanta e Ottanta da A Arte Invernizzi nel ventesimo anniversario dalla morte dell’artista

Nei vent’anni dalla morte dell’artista, A Arte Invernizzi presenta dal 15 settembre al 15 novembre «Rodolfo Aricò: l’immagine dissonante», curata (con l’Archivio a lui intitolato) da Francesca Pola, che ha scelto di puntare su due stagioni del suo lavoro: gli anni Sessanta e gli Ottanta.
È nella seconda metà degli anni Sessanta che Aricò (Milano, 1930-2002, formato all’Accademia di Brera, poi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano) mette a punto la sua figura archetipa, sviluppata dalla traslazione assonometrica di un disco in diagonale nello spazio e intraprende la ricerca che lo conduce a realizzare dipinti su telai sagomati, con cui attiva una relazione inedita con lo spazio circostante e una sfida percettiva con l’osservatore.
Li articola nei cicli delle «Assonometrie», delle «Strutture orfiche» e delle «Anomalie», cui appartengono le opere che qui occupano la prima sala del piano superiore, mentre la seconda è abitata dalle «Prospettive», omaggi dichiarati all’arte di Paolo Uccello.
Le opere degli anni Ottanta occupano il piano inferiore dove, tra l’altro, figurano alcuni lavori del ciclo «Oltre il limite», presentato al PAC di Milano nel 1984. In questi anni è la luce a diventare l’oggetto della sua ricerca, com’è provato da un’opera come «Naturans», 1986, in mostra, dove, con la vibrazione cromatica entra in gioco la sagomatura irregolare del telaio.