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Labirinto messicano

Un universo composto da figure astratte, ma nelle quali si individuano le forme di astri, pianeti, comete, ideogrammi, fossili, elementi fitomorfi fino ad esseri animali: sono i contenuti delle opere del messicano Sergio Hernández esposte fino al 20 novembre al Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci.

Cinquantanovenne, nato a Oaxaca, la città del popolo indigeno mesoamericano dei Mixtechi e del pittore e incisore Rufino Tamayo, Hernández è una figura intermedia tra l’arte latinoamericana e la tradizione europea dalla quale ha mutuato alcuni caratteri come ad esempio nel caso della sua passione artistica per il Cristo di Grünewald di Colmar, ma anche delle pitture pompeiane e dei dipinti di Mark Rothko.

L’autore, come si nota nello straordinario «Codice Hernandino-Mixteco» (serie composta da pitture e da 37 incisioni ritoccate all’acquerello) e nei dipinti esposti richiama però con molta chiarezza i codici pittografici attraverso i quali gli antichi popoli dell’area messicana tramandavano la loro memoria. Lo si vede in particolare nelle serie «Verso Saturno», «Passione ardente» e «Arte curve» alle quali si affiancano anche le note piccole sculture della serie «Arte e disastro» che mettono in scena cruente battaglie.

Stefano Luppi, 08 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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Labirinto messicano | Stefano Luppi

Labirinto messicano | Stefano Luppi