Absalon, «Bruits», 1993 © The Estate Absalon

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Absalon, «Bruits», 1993 © The Estate Absalon

La spinta a denunciare e testimoniare

Al Capc di Bordeaux affinità concettuali e formali tra Absalon e otto artisti internazionali

«Absalon Absalon», la mostra collettiva allestita fino al 2 gennaio nel Capc, il museo d’arte contemporanea di Bordeaux, nasce a partire dall’opera dell’artista franco-israeliano Absalon, nome d’arte di Meir Esher, scomparso nel 1993 a soli 28 anni. Il lavoro di Absalon, che era arrivato a Parigi nel 1987, ruotava intorno alle «Cellules», moduli abitativi di massimo 9 metri quadrati, bianchi, minimalisti, dei piccoli spazi su misura che dovevano servire a ospitare l’artista nei suoi spostamenti in sei città del mondo. Il progetto non è mai stato completato.

Absalon, nel cui lavoro si riconoscono le influenze di Le Corbusier e del Bauhaus, ha esposto al Centre Pompidou nel 1991 e al Musée d’art moderne de la ville de Paris nel 1993. Nel 2013 il Tel Aviv Museum of Art gli ha dedicato una monografica completa. Il Capc allestisce una serie di disegni, progetti, sculture, prototipi che entrano in dialogo con i lavori di otto artisti internazionali, alla ricerca di affinità concettuali e formali. Sono state selezionate opere di Alain Buffard, Dora García, Robert Gober, Félix González-Torres, Marie-Ange Guilleminot, Mona Hatoum, Laura Lamiel e Myriam Mihindou.

L’esposizione, scrive il museo, intende innanzi tutto «mostrare come l’opera di Absalon si articola intorno a un programma unico, la cui traiettoria lineare doveva realizzare un progetto di vita, andando oltre il campo dell’arte», sollevando questioni culturali, identitarie, spirituali. Ma il museo rilegge anche l’opera folgorante di Absalon in connessione all’approccio di tutta una generazione di artisti, emersa negli anni Novanta, che, spinti da un’emergenza sociale e intima, hanno trasformato la pratica artistica in strumento di denuncia e testimonianza.

Fino al 30 ottobre il Capc presenta anche la monografica «Due sorelle» di Chiara Camoni (Piacenza, 1974), le cui opere, evocando l’arte povera, sono create assemblando materiali naturali raccolti sulle colline toscane di Fabbiano. Fino al 2 gennaio, inoltre, si visita «Badaboum (error system)», prima monografica in Francia di Kengné Tégui (Orléans, 1987), artista quasi sordo di cui è allestita una nuova serie di opere sonore «spettrali», ispirate al thriller e al cinema horror.

Absalon, «Bruits», 1993 © The Estate Absalon

Absalon, «Solutions», 1992 © The Estate of Absalon

Luana De Micco, 28 settembre 2021 | © Riproduzione riservata

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