La pittura addosso

Alla Galleria Dello Scudo le opere monumentali degli anni Ottanta di Marco Gastini. Nella «tavolozza» dell’artista torinese, piombo, carbone, pigmenti, carrube, ferro e vetro

Franco Fanelli |  | Verona

Negli anni Ottanta la pittura riemerse nei modi e con i mezzi più vari nei territori dell’arte contemporanea. Viaggiò anche su una «Nave vichinga» che solcò, con le sembianze di un misterioso animale preistorico improvvisamente risvegliatosi o come l’aratro di un gigante, i vigneti di Castel Burio nell’astigiano, dove Marco Gastini tenne una sua personale. Era il 1987 e l’artista aveva dato, in quell’occasione, un’altra prova di come lo spazio della pittura fosse illimitato, che l’arte dovesse continuare a produrre sorpresa e meraviglia e che soprattutto la pittura gli fosse da sempre connaturata («ho la pittura addosso», dice lui) sia pure espressa in linguaggi diversi.

Classe 1938, dunque esponente di una generazione di mezzo che aveva dovuto mantenere un suo spazio tra gli estremi cronologici dell’Informale e dell’Arte povera, l’artista torinese aveva alle spalle una grande
...
(l'articolo integrale è disponibile nell'edizione su carta)

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Franco Fanelli