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La decima volta di Palazzo Venezia

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Redazione GDA

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Giunge alla decima edizione la Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Roma, che si terrà a Palazzo Venezia dal 29 settembre al 3 ottobre. Vale la pena di ripercorrerne la storia

Nasce nel 1998, in un periodo di profonde mutazioni nel sistema dell’arte, ma anche di una crisi che si annuncia incisiva. Ha un precedente: una manifestazione tenutasi nel 1966 negli spazi di Palazzo Braschi, ideata da Fabrizio Apolloni con Massimo Tuena, Leonardo Lapiccirella e Peppino Antonacci, con la collaborazione dell’allora sovrintendente capitolino Carlo Pietrangeli e la benedizione del sindaco di Roma Rinaldo Santini.

Alla fine del XX secolo, manca a Roma una mostra mercato del livello delle altre capitali europee. Raccolgono la sfida Fabrizio Apolloni, Cesare Lampronti e il lungimirante soprintendente dell’epoca, Claudio Strinati. È pensata in alternanza, negli anni pari, alla Biennale di Firenze, nata nel 1959.

Fa discutere l’intesa tra gli antiquari e la Soprintendenza, che ospita l’esposizione nella sua casamuseo, Palazzo Venezia, e il fatto che la Biennale dichiari di essere una mostra non di vendita, ma una vetrina d’eccellenza per i suoi espositori, tutti soci dell’Aai (Associazione degli Antiquari Italiani). Sulla rassegna, in fondo legata al mercato, si registra anche il parere negativo di Federico Zeri, in un articolo pubblicato su «La Stampa».

Fabrizio Apolloni apprezza l’appoggio dello Stato offerto agli antiquari nel momento in cui, non avendo aderito al trattato di Maastricht in materia d’arte, «le frontiere italiane sono state sbarrate, senza la possibilità di una strategia di sostegno», a fronte dell’espansione delle case d’asta e di un mercato internazionale sempre più agguerriti.

Nel 2000 tra i promotori della manifestazione compare la Soprintendenza di Roma. A partire da quell’anno la mostra si dichiara evento a scopo commerciale; il ruolo degli antiquari italiani come custodi dell’arte italiana viene sottolineato dalla mostra «I ritorni», di opere acquistate dai mercanti all’estero e riportate nei nostri confini.

Nel 2002 il carattere commerciale della fiera è ulteriormente sottolineato da un catalogo con i prezzi, e da una prassi analoga a quella delle grandi fiere internazionali, una visita preliminare di controllo e selezione con esperti direttori di musei, storici dell’arte, collezionisti. Negli ultimi giorni della fiera tra gli stand si vede anche il premier Silvio Berlusconi, che pare abbia acquistato qualche pezzo (negli anni successivi taglierà il nastro in alcune edizioni). L’intenzione di ampliare il Museo di Palazzo Venezia pare minacciare di «sfratto» la rassegna della prestigiosa sede.

L’edizione del 2004, con una mostra di cinquanta opere notificate di proprietà degli antiquari, pone ancora l’accento sul ruolo di questi ultimi come collaboratori alla tutela del patrimonio artistico nazionale. L’arco cronologico delle opere esposte si espande: gli antiquari più giovani iniziano a proporre l’arte della prima metà del Novecento alla nuova generazione di professionisti alla ricerca di pezzi unici (Carlo Virgilio ha rammentato i danni procurati all’antiquariato dalla casa «modello Armani», cfr.  «Vernissage» n. 179, mar. ’16, pp. 4-5).

Emerge la necessità di estendere la manifestazione agli espositori stranieri: nel 2006 infatti ne sono inclusi una decina, in una rassegna ribattezzata «Collezionismo Internazionale a Palazzo Venezia». Organizzata unicamente dalla neonata Associazione romana mercanti d’arte (Arma), quell’edizione è incalzata dall’apertura del Gotha a Parma, rilanciata da una joint-venture dell’Aai con l’Ente Fiera di Parma; mentre alla fine di novembre a Milano esordisce Mint (Milano International Antiques and Modern Exhibition), ideata da Marco Voena e da Roberto Casiraghi, all’epoca patron di Artissima.

La mostra comincia a considerare in modo concreto la necessità di fare spazio anche al contemporaneo. Del resto Roma diventerà per qualche anno un vivace teatro dell’arte attuale con lo sbarco della corazzata Gagosian, che apre una galleria vicino a Trinità dei Monti, la nuova fiera d’arte contemporanea The Road to Contemporary Art, l’apertura del museo Maxxi. Il mondo delle fiere antiquarie cambia in modo radicale ma caotico.

Nel 2008 l’organizzazione della mostra viene presa in carico da Rodin Grandi Mostre, società specializzata di Carlo d’Amelio e Luigi Michielon. Dei 47 espositori, 12 sono stranieri. Nel 2010 gli antiquari romani fondano l’Associazione Biennale Internazionale d’Antiquariato di Roma, presieduta da Lampronti, con la partecipazione di Marco Fabio Apolloni (figlio di Fabrizio, scomparso nel 2006), Sara Veneziano sempre di Roma, il fiorentino Fabrizio Moretti e il milanese Voena. Tornano a esporre a Roma i soci dell’Aai, e gli espositori passano a 69, dai 47 dell’anno precedente, distribuiti tra piano nobile e area al pianterreno fresca di restauro.

Dichiara Lampronti: «In Italia c’è unicamente spazio per tre grandi mostre, da tenersi a Firenze, Roma e Milano nell’arco di due anni, il tempo necessario a trovare pezzi nuovi». Espone, insieme ai suoi amici antiquari, Gian Enzo Sperone, secondo il quale «gli antiquari non devono demonizzare l’arte d’oggi. Una galleria di alto livello sa svelare il “mistero” che persiste nell’arte contemporanea». La fiera quell’anno registra un notevole successo: alla fine i visitatori saranno aumentati del 51%. 

Nel 2012 uno stand è offerto al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che espone refurtiva recuperata e falsi. Cesare Lampronti annuncia la chiusura della sua storica galleria romana e l’apertura di uno spazio a Londra. La notifica che incombe sulle vendite in modo indiscriminato e il nuovo regime fiscale fanno parte di problemi denunciati anche da Fabrizio Moretti: «Le leggi del governo Monti spaventano i collezionisti, che appena superano un tetto negli acquisti, si ritrovano sotto la lente d’ingrandimento della finanza».

Nella edizione 2014, la Biennale ha mostrato di aver maturato un’intesa solida con l’arte contemporanea, soprattutto nella concezione della mostra: poche opere negli stand, isolate e messe in risalto da un allestimento fluido e avvolgente. Per la prima volta in Italia una mostra di antiquariato ha realizzato un catalogo unicamente in versione digitale. Infine, per molte delle opere esposte è stato richiesto il certificato di libera circolazione, un’attrattiva impareggiabile per il mercato, e alcune l’hanno ottenuto; tema, quello della libera circolazione, oggetto proprio nel 2014, tra le iniziative della Biennale romana, di una tavola rotonda.

Francesca Romana Morelli e Vittorio Bertello


Redazione GDA, 05 agosto 2016 | © Riproduzione riservata

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