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Il pittore alla lavagna

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Franco Fanelli

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Erano lezioni, conferenze, ma anche performance quelle che Joseph Beuys svolgeva, visualizzando i suoi pensieri sulle lavagne poi diventate cimeli. Un artista non meno complesso, Alfredo Casali (Piacenza, 1955), ricorre alla metafora visiva e concettuale della lavagna per creare composizioni fatte di equazioni, formule matematiche, ma anche riflessioni poetiche e filosofiche («L’essere che professa di essere Dio», «Finito o infinito?», «Verificare le ipotesi», «Arte è una questione di numeri») tracciate su fondi neri. È un versante meno noto della raffinata ricerca di Casali, che ha un retroterra come poeta visivo e come studioso di filosofia sotto la guida di Luciano Anceschi, un filosofo vicino alle arti visive e letterarie.

Né è un caso se la mostra che per la prima volta propone al pubblico la serie delle «Lavagne», iniziata nel 2011, si svolga dal 20 febbraio al 26 marzo presso la galleria Cristina Moregola nell’ambito della XIII edizione di FilosofArti, festival di filosofia e d’arte che si svolge a Gallarate e a Busto Arsizio. La compenetrazione tra pensiero, pittura e poesia caratterizza questa inedita serie, che potrà sorprendere chi è abituato al Casali magistrale compositore di partiture in grigio su cui affiorano graffiti e soggetti e oggetti appartenenti a un ricorrente repertorio: case, alberi, tavole, nuvole.

Eppure anche il côté figurativo delll’artista emiliano potrebbe essere letto alla stregua di «versi figurati» in cui i segni elementari che rendono riconoscibili i soggetti vanno a formare un alfabeto per immagini, minimo abbecedario poetico. Allo stesso modo, ciò che anima le «Lavagne», al di là del messaggio per segni e parole, è l’energia gestuale e un’improvvisazione dettata da un innato senso della composizione, tale da conferire a queste opere quell’emozionato equilibrio perseguito da Cy Twombly.

Franco Fanelli, 11 febbraio 2017 | © Riproduzione riservata

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Il pittore alla lavagna | Franco Fanelli

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